Il cardinale di Sorrento che assolse i templari
Perché dedicare un lavoro – che ha già comportato dieci anni di ricerche (ed altri potrebbe richiederne ancora in futuro per essere ulteriormente perfezionato) – volto ad accertare la vera identità del Cardinale Landulfo di Sant’ Angelo, vissuto tra la seconda metà del Duecento e gli inizi del XIV secolo?
Da sorrentini quali siamo non possiamo che rispondere: per provare il piacere di restituire alla nostra terra l’ orgoglio di aver dato i natali ad un personaggio davvero eccezionale.
Da “curiosi ed appassionati” della storia dei Templari, invece, dobbiamo aggiungere, con maggiore enfasi: perché questo porporato fu tra i personaggi chiave di alcune delle vicende che culminarono con la scomparsa dell’ ordine dei celebri monaci – guerrieri.
Ciò non solo perché egli fu tra i tre cardinali delegati da Papa Clemente V per concedere l’ assoluzione a Jacques de Molay (ultimo gran maestro) ed agli uomini che, a quel tempo, ricoprivano le più alte cariche tra i cavalieri rossocrociati, ma anche perché la sua stessa morte – avvenuta pochi mesi dopo l’ appena richiamata assoluzione – se messa in relazione con i decessi di altri autorevolissimi personaggi di quell’ epoca, aiuta a comprendere ancora meglio il clima che accompagnò il tragico epilogo della storia templare.
Prima di iniziare avvertiamo un obbligo di formulare alcune precisazioni:
1) Essendo questa una pagina “introduttiva” – destinata ad avere, in altra sede, specifici approfondimenti per ciascuno degli argomenti qui sommariamente affrontati – abbiamo limitato al minimo (ma solo in questo caso) i riferimenti bibliografici. Questi ultimi, invece, saranno puntualmente e doviziosamente riportati nelle pagine destinate ad esaminare nel dettaglio i singoli aspetti di seguito trattati.
2) A partire dal 13 giugno 2015, la pubblicazione del nostro lavoro su questo sito avverrà con cadenza settimanale.
Chiusa questa parentesi, dunque, possiamo ora iniziare affermando che è da circa mezzo millennio, ormai, che la vera identità del Cardinale Landulfo di Sant’ Angelo è stata orribilmente sfregiata divenendo oggetto di numerose mistificazioni.
E dire che, proprio lui, fu tra i personaggi più autorevoli del suo tempo, tanto negli ambienti dello Stato Pontificio, quanto in quelli del regno retto dai sovrani angioini nel Mezzogiorno d’ Italia.
Al punto che dopo la sua ascesa al porporato egli, tra l’ altro, fu:
– legato apostolico in Sicilia (per cercare di porre rimedio agli effetti dei vespri siciliani in seguito ai quali, nel 1282, l’ isola era sfuggita al controllo del Re Carlo I d’ Angiò e passata sotto il dominio di Pietro III d’ Aragona);
– reggente del regno di Carlo II d’ Angiò – sia pure per un breve periodo (nel 1295) – assieme al principe Filippo di Taranto (figlio del monarca “napoletano”);
– uno dei tre cardinali che concessero l’ assoluzione agli uomini che, per ultimi, detennero le più alte cariche del più importante ordine monastico – cavalleresco del medioevo: quello dei templari.
Purtroppo, con il passare del tempo, una serie di fattori hanno contribuito, progressivamente, a far sì che, almeno a partire dall’ inizio del Seicento, si radicasse la errata convinzione che il Cardinale Landulfo fosse un appartenente alla famiglia Brancaccio, al quale – precedentemente alla sua ascesa al porporato – non possono essere riconosciuti altri meriti che non siano: quello di essere stato vescovo di Aversa e quello di appartenere ad una delle casate più nobili del Mezzogiorno.
Ancora oggi questa convinzione – sebbene destituita da ogni fondamento – è fortissimamente radicata tra gli studiosi e perfino tra gli storiografi più accreditati e scrupolosi.
Su questo punto è esemplificativamente eloquente quanto, nell’ iniziare a parlare di lui, ha scritto Walter Ingeborg, nel “Dizionario Enciclopedico degli Italiani” edito dalla Treccani: “Di nobile famiglia napoletana, il B. fu eletto vescovo di Aversa verso il 1293. Nulla si sa di lui prima di questa data, ma dovette la sua elezione sicuramente ai suoi legami con la corte angioina. Per questi stessi motivi fu anche eletto il 18 sett. 1294 cardinale con il titolo di S. Angelo da Celestino V” (1).
Si tratta di una tesi che, evidentemente, risulta essere estremamente labile. Eppure, da secoli, essa è quasi unanimemente condivisa anche dagli studiosi più autorevoli, “colpevoli” di avere involontariamente contribuito ad accreditarla sempre di più a scapito della vera identità del cardinale Landulfo di Sant’ Angelo in Pescheria.
In realtà esso altri non fu se non Landulfo Vulcano, anzi Landulfo Bulcano.
Egli – come dimostreremo – fu sorrentino e non napoletano ed appartenne ad una famiglia che fu tra le più importanti del regno (sicuramente, a quel tempo, non meno illustre di quella dei Brancaccio) e che fu particolarmente vicina ai monarchi angioini.
Lo stesso Landulfo Bulcano, prima ancora di diventare cardinale, fu beneficiario di svariati provvedimenti reali che ne determinarono l’ ascesa negli ambienti ecclesiastici (fu, tra l’ altro, abate della Cappella Palatina di San Pietro ad curtim a Salerno per volontà del Re Carlo I) e probabilmente in quelli accademici (quale plurilaureato e professore di diritto canonico presso l’ Università di Napoli, anche per intercessione del Re Carlo II).
Il tutto, naturalmente, in virtù del prestigio goduto, della stima maturata dal Cardinale Landulfo e della fiducia nutrita dai sovrani napoletani verso la sua intera famiglia.
In questo senso – a solo titolo esemplificativo – ci sembra opportuno evidenziare che in occasione dei funerali del fratello del porporato sorrentino, Bartolomeo Bulcano, – probabilmente celebrati nell’ estate del 1304 – l’ arcivescovo di Napoli del tempo, il Beato Giacomo da Viterbo, volle pronunziare un proprio sermone e concesse implicitamente, in tal modo, alla intera casata un privilegio che spettava solo alla famiglia reale angioina.
Così come – sempre a titolo esemplificativo – ci sembra giusto evidenziare che il Re Roberto, durante il primo quarto del XIV secolo ritenne le case di Ettore Bulcano (altro fratello del Cardinale Landulfo di Sant’ Angelo) degne di ospitare gli archivi e la zecca angioina.
Difficile, se non impossibile, azzardare un inventario delle proprietà detenute tanto da Landulfo Bulcano, quanto dai suoi fratelli e dai suoi più stretti congiunti.
Le loro sostanze, in ogni caso, furono favolose.
Basti dire che Landulfo, ad esempio, fu proprietario della celebre, ma ormai scomparsa Torre d’ Arco a Napoli dove, nel secolo successivo, fu ospitata anche la Regina Giovanna I.
Lui e suo fratello Ettore fecero edificare nel cuore di Sorrento ben due distinti conventi femminili: ovvero il convento della Santissima Trinità ed il Convento del Santo Spirito.
E sempre Ettore Bulcano – alla vigilia del secondo decennio del Trecento – fu considerato, dal Re Roberto, in grado di disporre di un piccolo, ma personale esercito capace, in ogni caso, di assaltare la città di Sorrento.
Gli elementi fino ad ora forniti, sia pure in maniera generica, ci sembrano sufficienti per tracciare un quadro di insieme già capace di sgomberare il campo dagli equivoci di cui si è parlato in precedenza.
Come si è già avuto modo di evidenziare, alcuni degli obiettivi che si prefigge di raggiungere questo studio consistono nel tentare, per quanto possibile, di ristabilire la verità; riconsegnare al cardinale Landulfo Bulcano di Sant’ Angelo la sua vera identità e restituire alla città di Sorrento l’ orgoglio di aver dato i natali ad un personaggio così illustre.
Già, perché proprio focalizzando l’ attenzione sui forti legami che tennero stretto il Cardinale Landulfo Bulcano a Sorrento, così come sui suoi legami di parentela, sui suoi rapporti con i re di Napoli (oltre che con i Papi) nonché sulla individuazione delle tappe salienti che caratterizzarono la sua “carriera” consentono di conferire maggior vigore alle tesi che si intendono sostenere in questa sede; in particolare a quella volta a dimostrare che la figura di questo porporato – e la sua stessa morte – rivestono grande significato per disporre di una nuova chiave di lettura circa le vicende che culminarono con la tragica fine dei templari.
I passi in avanti, compiuti rispetto al passato, sono notevolissimi e molti sono gli elementi che consentono di delineare un quadro abbastanza chiaro della situazione.
Per riuscire nell’ impresa dichiarata – quella di ricostruire la biografia degna di fede –, in ogni caso, si è avvertita l’ esigenza di:
– Sgomberare il campo dagli equivoci che, nel corso dei secoli, hanno fatto sì che la sua identità fosse distorta ed alterata fino a considerarlo come un appartenente alla famiglia Brancaccio.
– Accertare le origini sorrentine della famiglia Bulcano (destinata, con il tempo, a vedere cambiato il proprio cognome in Vulcano).
– Identificare il maggior numero possibile di prossimi congiunti del nostro cardinale (determinando l’ epoca verosimile in cui visse ciascuno di essi visse).
– Ricostruire il suo albero genealogico.
– Individuare un arco di tempo ragionevole a cui far risalire la data di nascita del cardinale Landulfo.
– Individuare gli elementi che testimoniano l’ attaccamento dello stesso Landulfo e di suo fratello Ettore alla città di Sorrento, come ad esempio la fondazione dei conventi della Santissima Trinità e del Santo Spirito, unitamente alla determinazione del periodo in cui essi furono eretti.
– Verificare gli interessi patrimoniali ed ereditari che videro interessati gli appena citati Landulfo ed Ettore in seguito alla morte del loro fratello Bartolomeo.
– Accertare le attenzioni rivolte dalla famiglia reale degli “angionini -napoletani” agli appartenenti della casata del cardinale Landulfo Bulcano.
Partendo da queste premesse, ora – anche riepilogando ed in parte ripetendo quanto già abbiamo scritto in precedenza – ci sembra opportuno evidenziare che il Cardinale Landulfo Bulcano di Sant’ Angelo fu sicuramente uno dei protagonisti delle vicende che precedettero la condanna al rogo di Jacques de Molay, di Geoffroy de Charny e di tanti loro commilitoni.
La sua importanza non si limita al “semplice” ruolo di assolutore dei templari che pure sarebbe di per se stesso sufficientemente prestigioso.
Si tratta, infatti, di uno dei più potenti cardinali vissuti a cavallo tra la fine del Duecento e gli inizi del XIV secolo e la sua autorevolezza derivò tanto dagli stretti legami vantati con i re angioini di Napoli, quanto dagli spazi che egli stesso seppe conquistarsi in ambito pontificio.
Diplomatico di prima grandezza, Landulfo Bulcano vide accrescere il suo peso quando papa Clemente V, nel trasferire la propria residenza ad Avignone – dando di fatto inizio al periodo della cosiddetta “cattività avignonese” – e nel convocare il Concilio di Vienne (in occasione del quale si celebrò il processo intentato contro i cavalieri rossocrociati), fece comprendere che, pur essendo stato eletto al soglio pontificio per effetto delle pressioni del re di Francia Filippo IV, non potendo insediarsi a Roma – come ci si sarebbe aspettato – preferiva trasferire la corte papale in territori ricadenti tra quelli posti alle dipendenze del re angioino di Napoli, Carlo II, piuttosto che tra quelli dominati dallo stesso Filippo “Il Bello”.
Non deve essere dimenticato, infatti, che, a quel tempo, proprio i sovrani “napoletani” potevano vantare tanto il controllo della Provenza (con il titolo di Conti) in cui ricadeva Avignone, quanto quello del Delfinato (per reiterati atti di sottomissione dei “Delfini), la cui capitale era Vienne.
E’ un aspetto – quello della scelta dei territori dove il papato stabilì i suoi “centri operativi” – di grande rilevanza e su cui ritorneremo più diffusamente in seguito.
Fin d’ ora, però, ci sembra opportuno sottolineare che i timori del papa circa la possibilità che il re di Francia potesse superare ogni limite rispetto alla autorità pontificia, erano tali da far sì che lo stesso Sommo Pontefice, preferisse stabilirsi in territori che, se non potevano considerarsi pienamente sicuri (perché comunque accerchiati da quelli francesi) garantivano almeno la sua incolumità personale e quella della corte papale.
Risulta evidente, quindi, che il prestigio del cardinale Landulfo Bulcano (beniamino dei “padroni di casa), in quegli anni, crebbe ulteriormente a dismisura.
Questo non gli impedì di passare a “miglior vita” in circostanze mai chiarite ed in un contesto di mortalità che non può che essere considerato quanto meno sospetto.
La morte di Landulfo Bulcano, infatti risale alla fine di ottobre del 1312.
Si tratta di una data compresa in un intervallo di tempo che deve essere considerato quanto meno singolare. Ciò perché il decesso avvenne pochi mesi dopo la promulgazione della bolla “Vox in Excelso” con la quale il papa sospese l’ ordine dei monaci – guerrieri (che erano stati assolti dai loro peccati nel 1308), ma prima che Filippo IV facesse bruciare vivi Jacques de Molay, Geoffroy de Charny e tanti altri “poveri cavalieri di Cristo”.
E’ un decesso – quello del Cardinale di Sant’ Angelo in Pescheria – che ci permettiamo di associare a quello di un altro degli assolutori dei templari (Etienne de Suisy, cardinale prete del titolo di San Ciriaco – nel frattempo divenuto camerlengo – il cui cuore smise di battere nel mese di dicembre 1311) ed a quello del Re di Napoli Carlo II (8 maggio 1309) che pure continuava ad essere antagonista del suo parente francese, il re Filippo IV.
Sul punto, per ora, ci limitiamo provocatoriamente a domandare: si è al cospetto di una semplice casualità o di un thriller?
In altre parole ci domandiamo: se la morte di Clemente V e Filippo IV, essendo avvenuta entro un anno rispetto a quella dei vertici dei templari, è bastata per dar vita alla leggenda della efficacia di una ipotetica maledizione lanciata contro di loro da Jacques de Molay mentre bruciava sul rogo, è lecito chiedersi se il decesso, nel giro di un anno, dei due cardinali che avevano la “colpa” di avere assolto i templari non sia frutto di misteriose circostanze?
E, allargando l’ arco temporale di riferimento, il decesso di Carlo II (sebbene risalente al 1309 – epoca in cui, in ogni caso, gli ultimi templari erano già stati assolti -) può essere messo in relazione con quelli appena ricordati?
In effetti non si tratta dell’ unico “giallo” che vede interessato il nostro personaggio soprattutto in riferimento ai suoi collegamenti con l’ epilogo della storia dei cosiddetti “poveri cavalieri di Cristo”.
Recentemente, infatti, la studiosa Barbara Frale (artefice della scoperta delle pergamene che riportano i risultati dell’ inchiesta dei cardinali commissari pontifici nel castello di Chinon, dove erano imprigionati Jacques de Molay ed i suoi commilitoni) ha avuto modo di evidenziare che proprio l’ assoluzione impartita agli ultimi templari – da Landulfo Bulcano, cardinale diacono del titolo di Sant’ Angelo in Pescheria, da Bérenger Frédol, cardinale prete del titolo dei Santi Nereo e Rocco e da Etienne de Suisy, cardinale prete del titolo di San Ciriaco in Therminis – può essere considerata al centro di un altro thriller.
L’ apprezzata e celebre studiosa, infatti, ha sottolineato che le famose bolle papali conosciute con il nome di “Regnans in coelis” (indirizzata al re di Francia Filippo IV detto “il Bello” ed a tutti i sovrani cattolici) e di “Faciens Misericordiam” (destinata al mondo ecclesiastico), pur contenendo la notizia della concessione dell’ assoluzione impartita ai templari (per l’ appunto tra il 17 ed il 20 agosto del 1308) risulterebbero pre-datate rispetto alla assoluzione stessa, perché promulgate il 12 agosto del 1308!!! (2)
E’ abbastanza per parlare – come abbiamo già fatto – di un vero e proprio “thriller”???
Evidentemente anche questi “gialli” continueranno ad essere al centro delle nostre attenzioni.
Fabrizio Guastafierro
Questa pagina sarà seguita dalla pubblicazione delle ulteriori seguenti pagine:
– Cominciamo a far chiarezza
– Apoteosi e declino della Famiglia Vulcano
– Gli autori dell’ abbaglio
E da altre ancora.
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(1) Walter Ingeborg, nel 13 volume del “Dizionario Enciclopedico degli Italiani” edito a Roma nel 1971 dall’ Istituto dell’ Enciclopedia Italiana “Giovanni Treccani”.
(2) Barbara Frale – “Il Papato e il processo ai Templari” edito da Viella nel 2003. Da pagina 139 a pagina 156.