Storia della chiesa
Se la storia sulle origini della Cattedrale di Sorrento, può essere stata controversa, assai più chiare, invece, sono le vicende della stessa chiesa sorrentina, a partire dal XV secolo.
Non c’è mai stata ombra di dubbio, infatti, che significative opere di restauro, ampliamento ed abbellimento siano state disposte dall’ arcivescovo sorrentino, Domizio Falangola (1449 – 1470).
Così come non c’è ombra di dubbio che lo stesso arcivescovo di Sorrento abbia disposto l’ ampliamento del palazzo episcopale sorrentino ed abbia ottenuto dal Re di Napoli del tempo (Alfonso I d’ Aragona) l’ autorizzazione a portare l’ acqua fino all’ atrio della stessa chiesa, anche conosciuta come Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Sorrento.
L’ azione di Domizio Falangola, fu intensificata da un suo successore: Francesco Remolines (arcivescovo di Sorrento dal 1501 al 1512). Questi chiamato ad assolvere di fatto alle funzioni di Vicerè di Napoli nel 1503, pochi anni dopo, grazie a proprie cospicue donazioni ed all’ importantissimo ruolo detenuto non solo in ambito ecclesiastico, ma anche nell’ intero “Regno di Napoli”, nel 1506 dispose nuovi, ulteriori ampliamenti ed abbellimenti della cattedrale sorrentina.
Quasi tutti gli interventi – tanto del Falangola, quanto del Remolines – furono vanificati dai danni procurati anche alla Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Sorrento ed al Palazzo vescovile di Sorrento da una incursione saracena che, nel 1558, culinò con la quasi totale distruzione di Sorrento.
Per questa ragione il compito più importante, nel determinare la rinascita della Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Sorrento (anche nella sua funzione di Chiesa Cattedrale di Sorrento) toccò a Monsignor Giulio Pavesi.
Famosissimo per l’ essere Inquisitore a Napoli, Pavesi ebbe modo di distinguersi anche per i suoi interventi e le sue attività in occasione del Concilio Tridentino iniziato nel 1561. Particolarmente autorevole nel mondo ecclesiastico (fu tra l’ altro Legato pontificio nei Paesi Bassi, Nunzio Apostolico e Vicario Generale del Papa nella città di Napoli), l’ Arcivescovo Giulio Pavesi, durante il periodo in cui guidò la Chiesa Sorrentina (1558 – 1571), si mise in luce per una molteplicità di attività che compresero, tra l’ altro, la promozione del Sinodo Provinciale Sorrentino del 1567 (che, nel recepire le indicazioni del Concilio Tridentino, culminò, tra l’ altro con l’ accorpamento di alcuni monasteri femminili ).
A questo specifico aspetto è dedicata la tesi di laurea preparata nell’ anno accademico 1977-1978 da Carlo Pepe (“Mons. Giulio Pavesi e il Sinodo Provinciale Sorrentino del 1567”), che segue la tesi elaborata nel 1954, da Don Gabriele Russo (“Giulio Pavesi – la dottrina e le attività”).
Il sinodo provinciale, in ogni caso non fu che uno dei fronti sui quali Pavesi fu impegnato.
Fu proprio questo arcivescovo sorrentino, infatti, che dovette affrontare sia il problema della ricostruzione della Cattedrale di Sorrento, che quello di contribuire a recuperare il denaro necessario per riscattare i sorrentini che erano stati condotti in stato di schiavitù a Costantinopoli, in seguito alla già ricordata incursione saracena del 1558.
Proprio grazie alle iniziative di Monsignor Giulio Pavesi, la Cattedrale di Sorrento conobbe l’ inizio della sua rinascita; una rinascita che si accentuò tra il 1571 ed il 1574, quando a ricoprire il ruolo di Arcivescovo di Sorrento fu Lelio Brancaccio.
Il magnifico trono vescovile che – per chi entra in chiesa – si trova sul lato sinistro dell’ altare, infatti, fu realizzato proprio per volontà di Monsignor Lelio Brancaccio.
“Nello stesso periodo – come ricorda Pasquale Ferraiuolo (in “Chiese e Monasteri di Sorrento” – edito a cura della Venerabile Congregazione dei Servi di Maria di Sorrento, nel mese di Marzo 1974) fu eretto il pulpito a spese dell’arcidiacono D. Giovanni Ammone, patrizio sorrentino, arricchendo l’altarino sottostante di una bella tavola raffigurante la Vergine col Bambino tra S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista opera di Silvestro Buono Junior (1580)”.
Purtroppo, però, nuovi nefasti eventi compromisero, negli anni successivi, il processo di abbellimento della Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo e, dunque, della Cattedrale di Sorrento.
A distanza di circa un secolo, infatti, ben tre terremoti (nel 16877, nel 1688 e nel 1694) provocarono, ancora una volta, gravi danni a tutta la città ed in particolare alla Chiesa Cattedrale sorrentina.
E fu proprio in seguito a questi eventi che l’ importante Chiesa sorrentina che iniziarono lavori destinati a trasformarla in maniera drastica e – praticamente – sempre più definitiva.
Nel periodo in cui fu Arcivescovo di Sorrento, Monsignor Didaco Petra (1680 – 1699) furono rifatte le navate laterali ed il tetto, mentre l’ incarico – mai portato a termine per la prematura morte dell’ artista – fu affidato a Francesco Casereccio.
Successivamente l’ Arcivescovo Filippo Anastasio (1699 – 1724) perfezionò gli interventi, ordinando il rifacimento di varie cappelle laterali e commissionando, a Bernardino Fera i lavori destinati a culminare con il rifacimento della facciata esterna, a Giacomo Del Pò la realizzazione di alcune tele del soffitto e del transetto ed a Nicola ed Oronzo Malinconico la realizzazione di altre tele del soffitto centrale.
A distanza di oltre due secoli dai terremoti a cui, in precedenza, si è fatto riferimento, una nuova calamità naturale procurò ancora notevoli danni alla Cattedrale sorrentina. Il 23 agosto 1904, infatti, un ciclone distrusse una parte (quella superiore) della facciata esterna.
In questo caso il compito di provvedere a disporre massicci interventi di restauro toccò a Monsignor Giuseppe Giustiniani, anche se quest’ arcivescovo di Sorrento non si limitò alle sole riparazioni, ma – anche grazie alla generosità dei fedeli – fece in modo che si potesse realizzare una nuova facciata marmorea. Ed a riprova dell’ impegno profuso per abbellire la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo contribuisce il fatto che lo stesso Arcivescovo Giustiniani fece realizzare un grandioso organo da una ditta particolarmente famosa agli inizi del XX secolo: la ditta Inzoli Pacifico di Crema. A rendere ulteriormente prezioso quest’ organo, contribuiscono la bellezza dei legni intagliati dai Fratelli Fiorentino di Sorrento.
L’ ultimo dei più importanti interventi (in ordine di tempo) fu quello commissionato dall’ Arcivescovo Paolo Iacuzio all’ ingegnere Luigi Fiorentino.
Il suo intervento determinò lo spostamento di un magnifico altare dall’ abside al centro del presbiterio, mentre al suo posto fu collocato un trono arcivescovile considerato parte integrante di uno stupendo coro ligneo che si caratterizza per l’ essere finemente intagliato e reso ancora più prezioso da pannelli intarsiati veramente unici nel loro genere.
Maria Stella Parisi