Il giallo della Cattedrale sorrentina scomparsa
Rispetto allo scenario di riferimento appena rappresentato non deve meravigliare il fatto che siano esistiti dubbi ed equivoci circa l’ identità della prima Chiesa maggiore sorrentina, l’ epoca in cui fu eretta, la sua intitolazione e la sua ubicazione. Così come non deve meravigliare, purtroppo, il fatto che a lungo si sia dibattuto sulla possibilità che il titolo di Cattedrale possa essere stato trasferito da una Chiesa ad un’ altra prima di approdare definitivamente nella Chiesa dedicata ai Santi Filippo e Giacomo.
Di fronte alle difficoltà evidenziate, in passato, gli studiosi si sono trovati di fronte ad interrogativi piuttosto imbarazzanti.
Può una Cattedrale svanire nel nulla?
Può una città che, come Sorrento, per secoli si è legittimamente dichiarata “cristianissima”, avere perso la memoria della sua prima “chiesa maggiore” e delle evoluzioni che la videro interessata?
E quand’ anche così fosse è stato – come pure è stato – come fare a trovare delle risposte rispetto ad interrogativi così fastidiosi?
Il problema sicuramente se lo sono posti non solo i tanti studiosi che hanno affrontato gli aspetti di tipo religioso ed ecclesiastico relativi alla Terra delle sirene, ma anche, quelli che, più in generale, si sono interessati alla ricostruzione delle vicende storiche locali.
E’ successo così che, pur di colmare una gravissima lacuna e di trovare risposte plausibili, si è avviato un perverso processo che partendo una cattiva interpretazione delle poche informazioni disponibili e dei pochissimi indizi superstiti è culminato con l’ elaborazione di tesi tutt’ altro che realistiche.
Allo stato è impossibile individuare quella che potrebbe identificarsi come la “fonte-madre” di una miriade di abbagli e di equivoci sui quali si sono aperte dispute e contraddittori talvolta anche accesi.
Tuttavia è innegabile il fatto che per quasi cinque secoli, sullo stesso argomento sono state alimentate diverse “correnti di pensiero” concentrate nell’ individuare nella Chiesa del Convento di San Renato e nella Chiesa dei Santi Felice e Baccolo (alternativamente, o l’ una seguita dall’ altra) gli edifici sacri chiamati ad ospitare la cattedra vescovile prima, ed arcivescovile poi, almeno fino a pochi anni prima della famigerata invasione saracena in occasione della quale – il 13 giugno del 1558 – Sorrento fu messa a ferro e fuoco.
Sull’ argomento si ritornerà più approfonditamente in seguito, allorquando ci si concentrerà sul tentativo di dimostrare la totale, o almeno parziale, inconsistenza delle ricostruzioni fino a pochi anni sostenute.
In questa sede, però, non sembra inopportuno sottolineare che nelle insidie e nei tranelli nascosti nelle pubblicazioni più antiche, incapparono anche scrittori che, per competenze accademiche (che restano comunque indiscusse), o per la propria capacità di consultare atti della curia inaccessibili a chiunque altro, potevano essere considerati più che attendibili. Tra questi, ad esempio, anche una delle massime autorità ecclesiastiche locali (l’ Arcivescovo di Sorrento, Filippo Anastasio) ed una delle più brillanti autorità accademiche napoletane (Bartolommeo Capasso).
Fabrizio Guastafierro
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