L’ opera di Davide Romei sui Santi Patroni di Sorrento
Davide Romei è il primo autore ad aver proposto approfondimenti sulla figura di Sant’ Antonino (la sua vita, le sue opere ed i suoi miracoli) dopo la desertificazione delle fonti storiche venutasi a determinare in seguito alla devastazione saracena di Sorrento risalente al 1558.
Originario di Filogaso, l’ autore, nel 1577, diede alle stampe un saggio dedicato ai Santi Patroni di Sorrento (San Renato, San Valerio, Sant’ Attanasio, San Bacolo e, per l’ appunto, Sant’ Antonino) intitolato “Quinque divi custodes ac presides urbis Surrenti”.
In effetti il saggio appena citato fu pubblicato (ed anzi preceduto) in un volume contenente anche un’ altra opera a sua volta intitolata: “Septem divi custodes ac presides urbis Neapolis” ed evidentemente dedicata ad approfondimenti su alcuni dei Santi Patroni di Napoli.
Orientato a sostenere l’ ipotesi che Sant’ Antonino sia vissuto nel IX secolo, l’ autore è stato più volte criticato nel corso degli anni da quanti, viceversa, si sono schierati in favore della esistenza in vita del Patrono Sorrentino a cavallo tra la fine del VI secolo e gli inizi del secolo successivo.
Tra gli studiosi più autorevoli che hanno negativamente recensito il lavoro del Romei figura Bartolommeo Capasso che, proprio a proposito della suo lavoro, ha avuto modo di esprimere severi giudizi, quando, proprio soffermandosi sugli autori che hanno scritto della vita di Sant’ Antonino ha avuto modo di affermare: “In tempi a noi assai più vicini, Davide Romeo fu il primo che scrisse diffusamente la vita del Santo. Egli nella prefazione alla medesima diche: aver tratto ciò che narra da un libro manoscritto di un tale Andrea Monaco Benedettino del Monistero di San Renato in Sorrento, a lui dato da Lelio brancaccio Arcivescovo pria di Sorrento, poi di Taranto. Questo manoscritto è da lui per attestato dello stesso Monsignor Brancaccio ed altri attribuito ad un’ epoca quasi sincrona al Santo. In esso, come egli stesso soggiunge, eranvi molte cose mutate e tolte da quelle che si leggevano in altro manoscritto di lettere longobarde già conservato nel Monistero di S. Giovanni e Paolo della stessa città, e nella ferale invasione de’ Turchi del 1558 da costoro bruciato e distrutto. Egli però avrebbe certamente ben più meritato della storia sacra di Sorrento, se invece di ornare ed abbellire con inette eleganze l’ antica leggenda del Santo, ci avesse senza orpello trasmesse le rozze ma più autentiche parole del Monaco Andrea se non coeve al Santo, com’ egli malamente suppone, certo, secondo che pensiamo, abbastanza autentiche”.
Evidentemente la feroce critica mossa dal Capasso è riferita soprattutto a quanto scritto a proposito della figura di Sant’ Antonino. Tuttavia abbiamo motivo di credere che il Romei sia la fonte di numerosi abbagli storici che, per lungo tempo hanno compromesso le ricostruzioni che riguardano una parte della storia di Sorrento.
Tra i tanti, ad esempio, quello relativo alla localizzazione della prima Cattedrale di Sorrento che l’ autore cinquecentesco fa coincidere con la Chiesa del Monastero dedicato ai Santi Renato e Valerio (ubicata fuori delle mura della cittadella fortificata) piuttosto che con un’altra chiesa, certamente più maestosa, anch’ essa dedicata ai Santi Renato e Valerio, ma eretta nel cuore della città stessa.
A prescindere da queste ultime osservazioni e per mantenerci ancorati alle notizie che riguardano la sola bibliografia relativa a Sant’ Antonino Abate dobbiamo precisare che il testo è stato composto in latino ed oggi è consultabile, on-line, utilizzando il seguente link:
N.B. Le pagine dedicate ai Santi Patroni di Sorrento vanno dalla pagina 241 alla pagina 393 del libro