Un improbabile Duomo di Sorrento
A prescindere dalla attendibilità del racconto leggendario proposto da Canzano Avarna a proposito della chiesa dei Santi Felice e Baccolo di Sorrento (sul quale si sono già più volte espresse serie riserve) è da sottolinearsi, in ogni caso, che se il promotore della costruzione di questo edificio sacro, fosse effettivamente stato un duca o (come sostengono i più) un principe di Sorrento, questi non potrebbe essere che vissuto in un periodo compreso tra gli inizi dell’ XI secolo e quelli del 1100. Cioè in un lasso di tempo compreso tra la nascita del Ducato di Sorrento e la sua successiva trasformazione in principato.
Su questo aspetto si sofferma anche Capasso che – non ha mancando di dedicare attenzione ad alcuni equivoci relativi all’ epoca in cui visse San Baccolo e ad altre narrazioni leggendarie che pure videro interessata la Chiesa a lui dedicata – ribadisce con forza la tesi tendente ad affermare che l’ edificazione dell’ tempio di cui si parla non può che risalire al XII secolo.
Parlando della vita del santo patrono sorrentino, anch’ esso passivamente finito al centro di “mille” polemiche, infatti, lo studioso scrisse:
“Di questo Vescovo esistono gli atti pubblicati dall’ Ughelli che li trasse da un codice manoscritto della Chiesa Sorrentina. Essi dallo stile e da qualche espressione usata,come quella di chiamare Principem Civitatis colui che governava Sorrento, ci sembrano dettati nel secolo XII o poco dopo. Intorno alla vita ed ai miracoli da lui oprati narrano, che nato in Napoli si rese così insigne per santità di vita e per scienza delle divine cose, che i Sorrentini spinti dalla fama delle sue virtù, lo elessero a Vescovo loro. Soggiungono che dopo aver esercitata per lungo tempo una tal carica morì ai 27 agosto, nel qual giorno la Chiesa Sorrentina ne celebra la festa. Avvenuta la sua morte i Sorrentini ne riposero in prima il corpo nel muro della città, affinchè fosse di essi custodia e difesa. Poscia scorso molto tempo si videro costretti a trasportarlo dentro le mura, perchè nelle vicinanze di un tempio in quo, come dicono gli atti citati, profanai horror gentilium multas posuerat effigies simulacrorum , comparivano spesso fantasmi e demoni , che grandissimo terrore arrecavano a coloro, che per colà passavano. In una sera anche al Principe della città, che accanto al detto tempio cavalcava , comparvero sotto forma di donne che ballavano, e circondandolo cercavano colle unghie e co’ morsi afferrarlo, tal che questi cacciata la spada, tagliando il braccio ad una di quelle, e spronato il cavallo, si affrettò a fuggire. Nel vegnente mattino fu trovato il braccio di un idolo di quelli, che erano nel tempio taglialo per terra, il quale cogli altri simulacri furono nel vicino mare dai Sorrentini gettati e da quel tempo, dice la leggenda, il Porto di Sorrento, che era tranquillo e sicuro da tempesta divenne come gli altri mari tempestoso e mal fido. I Sorrentini quindi volendo liberarsi da tali fantasmi e diaboliche apparizioni, cercarono l’ aiuto di questo Santo Vescovo e per ciò fare, presero il suo corpo, e purgato il tempio anzidetto, dedicandolo a S. Felice Vescovo di Nola, ivi le sante reliquie, eccetto che un braccio trasportarono.
Dopo alquanto tempo un certo Sergio custode di detta Chiesa togliendo una colonna con poco riverenza dal tumulo del Santo, gli sopravvenne in pena una paralisi che gli rese senza vita il lato che avea toccato la colonna. Dal che egli mosso a pentimento si prostrò innanzi alle sacre reliquie pregando il Santo Vescovo a concedergli la primiera sanità. Ed infatti ritornò tosto nelle sue membra il vigore, ed indi essendosi anche dato ad una vita più esemplare, meritò di esser creato Vescovo di Stabia.
Queste sono le principali cose, che negli atti citati del Santo Vescovo si narrano. Per quel che riguarda poi l’ epoca in cui visse, il Patriarca Antiocheno crede che avesse retta la Chiesa Sorrentina prima di S. Renato, perchè essendo Sorrento divenuta cristiana fin dai principi del V secolo, quando il detto S. Renato fu Vescovo, non poteva aver più dopo questa epoca tempii idolatri. Epperò parlandosi nella vita del Santo di un tempio purgato dagl’ idoli, sostiene egli, che per una tale ragione S. Baccolo deve porsi prima di S. Renato. Ma questa sua opinione non par molto fondata, perocché gli atti citati dicono,che la traslazione del corpo del Santo dal muro della città nel tempio purgato dagl’idoli e dedicato a S. Felice, avvenne multis evolutis temporibus dopo la di lui morte. Ora, quand’ anche volesse mettersi l’ epoca di lui nel secolo IV, pure volendo stare ai detti della Leggenda, il trasferimento avrebbe almeno dovuto succedere qualche secolo dopo. E ponghiamo pure per ipotesi, che fosse avvenuto nel secolo V o nel VI potrebbe mai supporsi Sorrento per que’ tempi tuttavia pagana? Crediam dunque piuttosto, che il tempio idolatra fosse in Sorrento esistito non per oggetto di culto, ma perchè trascurato e lasciato in abbandonò dopo l’ introduzione della vera religione in quella città. Ciò conviene coll’ espressione della Leggenda ; che anzi, ove si rifletta a quanto si soggiunge nella medesima di essersi cioè il Santo seppellito ne! muro della città pro eiusdem civitatis custodia, si rileva maggiormente adattarsi una tal circostanza più ai tempi dei Longobardi, nei quali i paesi Greci delle nostre contrade erano continuamente infestati da costoro, che al IV o V secolo dell’ era volgare.
Anche il P. di Meo par che voglia méttere il Santo molto prima di questi tempi quasi per le stesse ragioni del Patriarca Antiocheno. Egli inoltre per farlo risalire ad un epoca più antica desume nuovo argomento a sua vantaggio dal titolo di S. Felice Vescovo di Nola dato al tempio idolatra; allorché fui al vero culto inaugurato; poiché, dic’ egli, se i Sorrentini avessero avuto in quel tempo Soliti Patroni, a questi, e non ad un Santo di altra città, come S. Felice, avrebbero intitolata la nuova Chiesa. Ma ad un tale argomento affatto negativo, può rispondersi con altro della stessa natura tratto dall’ omelia dei SS. Renato e Valerio, ove rammentati per Patroni di Sorrento solamente questi Santi, e non vi si fa menzione alcuna di S. Baccolo, che avrebbe dovuto certamente nominarsi, ove fosse stata a quelli anteriore, ed ove voglia tenersi come il primo Vescovo di quella città. D’ altronde poterono i Sorrentini avere altri tempi dedicati ai loro propri Santi, come in fatti si sa dei Santi Renato e Valerio, che nel 645 per testimonianza del cennato documento avevano una Chiesa nel sito dove avevano vissuto fuori la città. L’ essersi in fine seppellito il Santo Vescovo nel muro della città, ci fa maggiormente persuadere a non collocarlo a tempi più antichi; poiché abbiamo che poco prima, avevano i Sorrentini seppellito S. Antonino, anche così , ed il ripetere questo costume per S. Baccolo ci pare una imitazione di ciò che si era fatto per S. Antonino.
Sembraci dunque non doversi in questo contraddire l’ antica tradizione dei Sorrentini, che mette S. Baccolo al 660 potendo credersi successore di Agapito, ed assegnargli la sede fino al 678. Se non che, ci si potrebbero opporre due argomenti in contrario, ai quali non pensava nè il Patriarca Antiocheno, nè lo stesso P. di Meo. Il primo potrebbe trarsi dalla stessa citata omelia, ove narrasi del custode del Tempio dedicato al Santo, che fu eletto per le sue virtù Vescovo di Stabia. Or un Sergio Vescovo di quella città è posto dall’ Ughelli e dal Milante circa il 700, e quindi se il trasferimento del corpo di S. Baccolo nella città avvenne molto tempo dopo la sua morte, e se il Sergio custode della Chiesa, ove il Santo fu trasferito, fu posteriore ad una tal traslazione, ne seguirebbe apertamente, che il Santo dovette vivere molto tempo prima del 700 epoca del Vescovado di Sergio,e quindi non può fissarsi poco prima di un tal anno tra il 645 e il 678. Ma tale argomento riesce di nessun peso, ove si rifletta, che questo Sergio posto nella serie de Vescovi di Castellammare è gratuitamente fissato ad un tal anno, né è appoggiato ad altro documento se non se alla citata Leggenda di S. Baccolo, la quale non indica alcun epoca. Or l’ Ughelli non avendo badato forse all’ espressioni di quella, che dice essersi il corpo del Santo trasferito in città multis evolutis temporibus dopo la sua morte, credè, a quanto pare, che quel Sergio custode della Chiesa dedicata a S. Felice fosse vissuto poco tempo dopo la morte, del Santo, e quindi avendo fissato secondo i dittici Sorrentini S. Baccolo a circa il 660 pose quel Sergio verso il 700. Ma, oltre alla citata espressione del¬la Leggenda, egli è certo, che non può mettersi alcun Vescovo in Stabia circa il 700, essendo quella città, come osservò il P. di Meo, rimasta dopo la metà dei secolo VII desolata, e senza Vescovo per più secoli. La sede Vescovile in essa fu, come noi crediamo, rimessa solo allorché la Chiesa Sorrentina fu innalzata a Metropolia verso la metà del secolo XI. Infatti se ne traggi il citato Sergio, S. Catello, ed un tal Stefano, che ò collocato dall’ Ughelli nel 982, non ritrovi per circa 400 anni altro Vescovo in Stabia tra Lubentino che visse senza alcun dubbio nel 649, nel quale anno intervenne al Concilio Romano contro i Monoteliti, e Gregorio che visse nel 1085, com’ è sicuro dai documenti riportati dal Milante. Or di questi tre Vescovi posti tra Lubentino e Gregorio, del primo noi abbiam visto,che l’ epoca è assai incerta e non poggiata ad alcun documento. Il secondo assai erroneamente è posto all’anno 830, poiché, come abbiam di sopra osservato parlando di S. Antonino, visse circa il 600 e prima di Lubentino. In quanto poi all’ ultimo,che l’ Ughelli e ‘l Milante pongono al 982, esso non appartiene alla sede di Castellammare, ma bensì a quella di Lettere, che in quei tempi chiamatasi Castrum Stabiense, e che giusto in quell’ epoca, allorché Amalfi fu innalzata a Metropolitana, fu decorata della Cattedra Vescovile. Ciò posto il Sergio di cui si favella nella citata Leggenda, o dovrebbe porsi prima del 649, come sospettò il P. di Meo, o dopo il 1085, come credette il Capaccio. La prima epoca però ripugna all’ età di S. Baccolo, né è sostenuta da alcun documento, che ci indichi un Sergio in que’ tempi Vescovo di Stabia. La seconda per l’ opposto non solo non implica alcuna contradizione in se, ma è puranche confermata da un sicuro documenta, dal quale rileviamo, che nei principi! del secolo XII Barbato Arcivescovo di Sorrento conferma ad un Sergio Vescovo di Stabia il dritto e il possesso della Chiesa di S. Michele Arcangelo sul monte Aureo. Dobbiam conchiudere dunque che il Sergio nominato nella Leggenda di S. Baccolo sia il Vescovo di Stabia di tal nome vissuto verso la metà del secolo XII , e che quindi dall’ epoca del medesimo niente possa trarsi in contrario di quanto abbiam stabilito intorno all’ epoca di S. Baccolo.
Un’ altro argomento in contrario al nostro sentimento potrebbe trarsi dal sepolcro di Amando Vescovo di Sorrento posto nella Chiesa di S, Felice e Baccolo di quella città; imperocché se Amando mori nel 647 dell’ era, e fu sepolto in quella Chiesa, forza è conchiudere che la traslazione di S. Baccolo dal muro della città in quella abbia dovuto avvenire prima di quell’ epoca, e che anche prima il tempio idolatra, che ivi era, abbia dovuto purgarsi e consacrarsi al vero culto. Ma perchè questo argomento abbia forza , dovrebbe in prima provarsi,che ivi fosse stato sepolto Amando, e non già altrove, e poscia ivi trasportalo. Ciò non è indubitato, che anzi i caratteri della lapida, che sono affatto moderni, c’ indicano, che fosse stata essa esemplata da altra più antica iscrizione, allorché forse dall’ antica Chiesa di S. Renato fu quivi il corpo del Vescovo trasferito. Che se infine a tutte le soprammentovate ragioni si aggiunge pure, che una tal epoca ripugnerebbe a molle circostanze che si narrano nella leggenda del S. e che noi abbiam di sopra notate, resterà se non e’ inganniamo chiaramente dimostrato quanto noi abbiamo su questo argomento asserito.
Non vogliamo in ultimo tralasciare di notare qui una nostra congettura intorno al luogo,ove fu sepolto il Santo nelle mura della città. Esso, come noi crediamo, dovett’ essere in quella piccola piazzetta, che sta dirimpetto il succorpo di S. Antonino lungo il burrone, che formava l’ antico fossato di Sorrento dalla parte d’ oriente, la più esposta all’ assalto nemico. Ivi, come rileviamo dagli atti della visita di Monsignor del Pezzo (p. 992) esisteva una piccola cappella dedicata a S. Baccolo, che fu poscia profanata con decreto del 1726. Essa però era ben più antica di tal epoca trovandosene memoria in uno strumento del 1473 ove si dice posta juxta.Ecclesiam S. Antonini. (V; Protocollo di Nr. Ambrogio Auriema dal 1470 al 1473 fol. 71 a t.) Nella visita di Monsignor Calà è descritta tra le cappelle profanate come appartenente alla famiglia Guardati, poiché posta rimpetto al portone delle loro case, ora di Gargiulo, e dicesi che avea la porta rimpetto la cancellata del succorpo di S. Antonino. Ivi dunque con molta verosimiglianza potè esser sepolto il Santo prima che fosse trasferito in città nel Tempio dedicato a S. Felice Vescovo di Nola” (1).
Anche alla luce di queste ulteriori precisazioni, appare evidente che – anche se si volesse prendere per buona l’ origine della leggenda già più volte richiamata – non si possono accreditare (come pure si è tentato di fare) ipotesi di una edificazione della Chiesa dei Santi Felice e Baccolo risalente alla fine del IX secolo o, addirittura agli inizi del XII secolo.
L’ unico labile appiglio sul quale può basarsi l’ ipotesi di un origine particolarmente remota di questa chiesa ed avvalorare la teoria che essa possa avere goduto della dignità di cattedrale paleocristiana, deriva dalla presenza di una lapide che ricorda la sepoltura in loco del Vescovo Amando morto il 13 aprile 617.
A tal riguardo, però, si deve rilevare che:
1) Sebbene già presente fin dalla fine del XVI secolo, la lapide in questione è scolpita con carattere palesemente postumi rispetto alla data dell’ effettivo decesso del vescovo, così come evidentemente si rileva anche dalle considerazioni del Capasso appena riportate
2) La stessa lastra marmorea non specifica se il luogo della sepoltura del vescovo fosse stato, fin dall’ origine, posto all’ interno della Chiesa dei Santi Felice e Baccolo o se, viceversa, i resti mortali del pastore sorrentino vi siano stati traslati per effetto della distruzione di un altro edificio sacro. (Anche su questo punto si veda quanto sostenuto dal Capasso)
3) Alla sepoltura di Amando non si accompagnano né notizie più certe, né – per quanto è dato sapere – altre tumulazioni di vescovi sorrentini
Se a tutto questo si aggiunge l’ assenza di qualsiasi reperto o arredo sacro che possa contribuire a confermare la possibilità di affermare una antichissima edificazione di questo tempio, non è difficile comprendere quanto sia improbo il tentativo di affermare che lo stesso edificio di culto possa essere stato considerato come “chiesa maggiore”.
Peraltro – come già ricordato in precedenza – non esiste alcun documento che sia in grado di dimostrare il fatto che la Chiesa dei Santi Felice e Baccolo sia effettivamente stata “Chiesa Cattedrale”.
Anche la teoria secondo la quale essa, almeno a partire dal 1307 detenne un tal genere di dignità, infatti, è destituito di ogni fondamento.
Questo almeno se si considerano le fonti disponibili ed una loro corretta lettura .
L’ integralismo, a cui si è già fatto riferimento in precedenza e di cui si fece interprete Monsignor Filippo Anastasio nell’ attestare con fermezza il fatto che questo Tempio sia stato l’ unico ad ospitare la cattedra vescovile prima, ed arcivescovile dopo, dall’ insediamento del cristianesimo in zona almeno fino al 1450 sembra tutt’ altro che ragionevole.
A maggior ragione se si considera che, sia pure in epoche recenti – e come meglio si specificherà in seguito -, è stata scoperta la consacrazione (risalente al 1113) di una chiesa cattedrale di Sorrento dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, oltre che alla Vergine Maria, alla Santa Croce, a tutti gli angeli, agli apostoli martiri, ai confessori, alle vergini e a tutti i santi.
In funzione dei ragionamenti fin qui sviluppati, pur non potendosi escludere in assoluto la possibilità che la Chiesa dei Santi Felice e Baccolo possa avere ricoperto il ruolo di “chiesa maggiore” per archi di tempo più o meno prolungati, sembra evidente che le ricerche relative alla individuazione della prima Cattedrale di Sorrento, vadano rivolte in altra direzione.
Fabrizio Guastafierro
© Nessuna parte può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro, senza l’ autorizzazione scritta dell’ autore.
1 Bartolommeo Capasso, “Memorie Storiche della Chiesa Sorrentina”, edito per la prima volta a Napoli nel 1854 dallo Stabilimento dell’ Antologia Legale e più recentemente ristampato, in copia anastatica, da Forni Editore di Bologna, da pagina 41 a pagina 47.
2 Al riguardo si rileva che il pur scrupolossissimo Pasquale Ferraiuolo, in “Chiese e Monasteri, cenni storico artistici”, pubblicato a Sorrento nel 1974 a cura della Venerabile Congregazione dei Servi di Maria, a pagina 109, nel proporre questa teoria, ha scritto: “Tale tempio fu per molti anni la Cattedrale di Sorrento, quando essa, verso il XII secolo, fu trasferita dalla antica chiesa di S. Renato e prima dell’ attuale, edificata, come già detto, dall’ arcivescovo Domizio Falangola, patrizio sorrentino. Un antico documento che parla della chiesa dei SS. Felice e Bacolo come Cattedrale della città è del 1307 ed è riportato in una memoria della famiglia Sersale (Capasso o.c.)”.
In effetti si tratta di un difetto di lettura.
L’autore citato, infatti, proprio a proposito della chiesa dei Santi Felice e Baccolo ha scritto: “Credesi che questa Chiesa fosse stata una antica Cattedrale. Prima era dedicata a San Felice, e con questo titolo trovasi nominata fino a tempi non molto da noi lontani, nel transunto di un’ istrumento del 1307 riferito in una memoria per la famiglia Sersale contro il Seggio di Nido che dice così: “Die 23 aprilis anno ab Incarnatione D. Surrenti. Presbiter Stefanus de dardano, Tadeus Cavabella, Petrus de Jiulio, Joannes de Mana, Joannes de Pandulpho, et Sergius Abalsamo Cappellani Ecclesiae S. Felicis de intus hanc Civitatem in praesentia D. Jacobi de Porta iudicis, et Jacobi Domu Novae Notarii ejusdem bona permutante t tradunt D. Petro, D. Sarii Praefecturii, filio qu. Joanni, D. SariiPrefecturii filii qu. Item D. Joannis D. Sarii Prefecturii, qui fuit filius D. Sarii Praefecturii qui fuit filius D. Joannis D. Sarii Praefecti, qui fuit filius D. Sergii olim Gloriosi Consulis, et Ducis istius Surrentinae Civitatis ipsam terram vitatam, et fructatam dictae Ecclesiae in loco Caba Territorio Massae, et in escambium praedictus Dominus commodat, et tradit dictae Ecclesiae annum censum. Poscia vi fu aggiunto anche il titolo di San Baccolo per le reliquie del Santo ivi venerato” (Bartolommeo Capasso “Memorie Storiche della Chiesa Sorrentina” (edito per la prima volta a Napoli nel 1854 dallo Stabilimento dell’ Antologia Legale e più recentemente ristampato, in copia anastatica, da Forni Editore di Bologna), pagine 153 e 154.
Rileggendo il testo appena proposto, infatti, risulta evidente che il documento attesta la intitolazione della Chiesa in onore di San Felice (cui in seguito si aggiunse San Baccolo) e non la sua funzione di Cattedrale.
Ciò non toglie che lo stesso Capasso, a più riprese, lasciò intendere che il tempio del quale si parla potesse avere assolto, effettivamente, alla funzione di principale Chiesa della Terra delle Sirene.