La sventata pena alla “damnatio memoriae”
Quando è stata edificata la Chiesa che oggi è dedicata ai Santi Filippo e Giacomo?
Da quale epoca essa ha cominciato a svolgere la funzione di Chiesa Cattedrale di Sorrento?
La sua intitolazione e la sua posizione sono sempre state quelle che conosciamo attualmente?
Quale è stata, a chi era intitolata e dove sorgeva la prima “Chiesa Madre” dell’ Arcidiocesi?
Ci sono mai state altre chiese che, a secondo delle epoche, hanno ospitato la cattedra vescovile o arcivescovile della Terra delle Sirene? E, in caso affermativo, quali sono state? A chi erano dedicate? Dove erano ubicate?
In quali periodi hanno assolto a questa funzione?
Sebbene numerose, le domande appena poste, a “prima vista” risultano essere estremamente elementari e quasi ci si aspetterebbe di trovare risposte appaganti, immediate e certe.
A maggior ragione se si considera il fatto che esse si riferiscono ad uno o più edifici sacri che, almeno potenzialmente, dovrebbero essere considerati come una sorta di “fari”, anzi dei veri e propri punti di riferimento, per lo sviluppo del cristianesimo in Penisola Sorrentina.
Invece, da almeno cinquecento anni a questa parte (o forse più), appassionati di storia locale, ricercatori più o meno scrupolosi, eruditi e studiosi di fama conclamata, laici ed ecclesiastici, non solo non riescono a trovare una soluzione convincente rispetto a quelli che sembrano essere diventati dei veri e propri enigmi, ma nemmeno hanno fornito ricostruzioni che possano essere considerate pienamente attendibili.
In effetti – come si avrà modo di rilevare – la realtà dei fatti è assai meno complessa di quanto possa sembrare a prima vista e la verità è assai meno artificiosa di quanto le pubblicazioni esistenti non lascino credere.
Ironia della sorte, a determinare ed alimentare un deprecabile stato di confusione sull’ argomento sono state le tante, anzi troppe interpretazioni esegetiche di quanti, nel tentativo di ricostruire le vicende storiche di Sorrento, allorquando si sono imbattuti in lacune documentarie hanno proposto come “vere” soluzioni (viceversa colorite o fantasiose) che hanno generato i presupposti per nuovi ed ulteriori equivoci.
Nel trasformarsi inopportunamente in “fonti” (da utilizzare per lo sviluppo di nuovi testi o, al contrario, da contestare), le pubblicazioni più antiche, infatti, sono divenute un vero e proprio punto di riferimento per coloro che, in maniera più o meno diffusa, hanno dedicato le proprie attenzioni alla Cattedrale di Sorrento in epoche più recenti.
E’ successo così che alcuni studiosi, pur scrupolosi, nel trovarsi al cospetto di alterazioni della verità (che non hanno saputo riconoscere), e cercando di colmare, a loro volta, i “vuoti storici” riscontrati, si sono avventurati nel tentativo di offrire interpretazioni critiche, o in quello di avvalorare ulteriori, ma non meno arbitrarie soluzioni.
Queste ultime, sia pure in maniera più o meno involontaria, hanno contribuito a complicare – invece che a semplificare – la situazione.
E’ innegabile, in ogni caso, che – come appena evidenziato – numerosi autori, sebbene animati dal nobile intento di ovviare ad una innegabile penuria diplomatica, si sono resi artefici di ricostruzioni, quanto meno discutibili.
Esse, nella maggior parte dei casi, sono state elaborate cercando di rendere coerenti tra loro le informazioni sommarie di si era in possesso con la realtà urbanistica di cui si era a conoscenza, oppure trascurando aspetti che, viceversa, avrebbero meritato ben maggiore attenzione. Magari proprio a cominciare da quelli relativi allo sviluppo urbanistico della città di Sorrento, o a quelli che hanno caratterizzato vere e proprie metamorfosi devozionali sul territorio, o, infine, a quelli riguardanti una più opportuna contestualizzazione
Fatto è che si è giunti ad un passo dal compromettere fortemente ogni tentativo volto a stabilire tanto l’ epoca della prima edificazione di quello che pure, attualmente, è il più importante tempio dell’ Arcidiocesi di Castellammare di Sorrento – Castellammare di Stabia, quanto l’ identità della chiesa che (ipoteticamente ed in alternativa ad esso) potrebbe essere stata la Cattedrale paleocristiana della stessa zona.
Al punto che pur autorevoli studiosi – fino a pochi anni fa – non solo hanno trovato difficoltà nell’ attestare la costruzione della Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo in epoche antecedenti al XV secolo, ma hanno ipotizzato la peregrinazione del titolo di Chiesa Cattedrale di Sorrento tra vari edifici sacri.
In quest’ ultimo senso, due sono state le ipotesi di localizzazione della “Chiesa Madre” che hanno goduto di maggiore credito prima di considerare attendibile l’ approdo della cattedra arcivescovile nella chiesa dei Senti Filippo e Giacomo:
– una ha visto interessata la Chiesa dei Santi Felice e Baccolo, anche conosciuta con il nome di Chiesa del Santissimo Rosario (dal nome della Arciconfraternita che vi si è trasferita fin dal 1834).
– L’ altra, invece, ha riguardato l’ ormai quasi del tutto scomparsa chiesa di San Renato (annessa all’ omonimo convento benedettino che sorgeva nei pressi dell’ attuale cimitero).
Prima di procedere oltre è opportuno evidenziare che a generare numerosi equivoci hanno concorso diversi fattori e, in questo senso, dunque, è da tenere presente che:
1) Le origini, la vita, le opere e perfino il luogo di sepoltura dei primi santi patroni di Sorrento (in particolare San Renato e San Valerio) oltre ad essere poco documentate sono state spesso al centro di equivoci e mistificazioni.
2) Le informazioni sulla Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, nel corso degli ultimi cinque secoli, hanno subito alterazioni e mutilazioni quasi irreversibili.
3) Il processo di desertificazione “diplomatica” che ha quasi irrimediabilmente impoverito la storia di Sorrento, ha subito una definitiva accelerazione in occasione dell’ invasione saracena del 13 giugno 1558 che culminò, tra l’ altro, con la distruzione di alcuni tra i più importanti archivi storici cittadini (compreso quello ecclesiastico).
Malgrado queste premesse, recenti studi hanno permesso di valorizzare adeguatamente tanto i pochi documenti che si sono salvati (peraltro lontano dalla realtà sorrentina), quanto importanti reperti conservati sul territorio ed in alcune importantissime strutture museali sparse in tutto il mondo.
Sia pure grazie a pochi elementi, quindi, oggi è possibile ricostruire una storia che si potrebbe dire a lungo dimenticata e quasi miracolosamente sfuggita alla pena della “damnatio memoriae”.
Si tratta di una storia affascinante che, pur nella sua estrema elementarità, è capace di restituire a Sorrento una parte importante della sua stessa memoria ed offre copiosi spunti per alimentare motivato orgoglio soprattutto – ma non solo – in epoca medioevale.
E’ certo, infatti, che almeno alcune delle tappe salienti che riguardarono la locale Cattedrale corrisposero a quelle in cui il prestigio dell’ allora autonomo stato Sorrentino raggiunse i massimi livelli.
I significativi progressi registrati per effetto delle intervenute novità storiografiche, insomma, consentono di recuperare aspetti di grande significato e di non minor valore per ricostruire le vicende che hanno visto interessata la Terra delle sirene, ma è innegabile che, almeno per il momento, permangono ancora lacune che non si è in grado di colmare del tutto.
Ciò non toglie che, potendo disporre ora di un più nitido quadro di riferimento, si possa ragionevolmente confidare nella possibilità di registrare, in un futuro più o meno prossimo, ulteriori progressi ed acquisire ulteriori elementi di chiarificazione.
Nel frattempo, ritenendo di poter prospettare ricostruzioni più attendibili rispetto al passato,
proponiamo un interrogativo che, di fatto, può essere considerato capace di anticipare una parte significativa di questo lavoro: La prima cattedrale Sorrentina è effettivamente da individuarsi in una chiesa dedicata a San Renato?
L’ ipotesi è più che attendibile, ma a condizione che si consideri un edificio sacro la cui intitolazione non sia riferita al solo nome del primo santo patrono di Sorrento, ma associ ad esso quello del suo successore, San Valerio ed a patto che non si prenda in esame una localizzazione corrispondente a quella del monastero che si trovava in prossimità dell’ attuale cimitero.
E’ questa la tesi che si intende sviluppare in ragione di un forte quadro indiziario capace di indicare una soluzione più che verosimile.
E’ ragionevole, infatti, ritenere che la prima cattedrale di Sorrento si trovasse in una chiesa dal titolo di San Renato e Valerio e che essa si trovasse nel pieno centro cittadino, grosso modo in corrispondenza con il palazzo arcivescovile.
Per avvalorare questa teoria – che a prima vista può apparire particolarmente ardita – occorre però iniziare a sgomberare il campo da alcuni equivoci.
Primi tra tutti – ma non unici – quello relativo alle ipotesi formulate circa l’ ubicazione della cattedrale paleocristiana nella zona periferica di Cesarano e quello relativo alle attenzioni che i sorrentini, in epoca remota, riservarono congiuntamente a San Renato ed a San Valerio.
Fabrizio Guastafierro
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