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I francescani a Sorrento e la controriforma devozionale (2.2.1)

II.2 La controriforma devozionale
Tra la fine del cinquecento e gli inizi del seicento, nel Mezzogiorno, contemporaneamente ad un incremento del numero degli ecclesiastici secolari, si espande una rete ecclesiastica regolare (19). In questi secoli prende corpo una politica concorrenziale dei diversi ordini religiosi sul piano locale, che risponde anche ad una esigenza di nuove strategie “missionarie controriformistiche” (20) . Si moltiplicano conventi, confraternite, benefici e nasce un nuovo sentimento religioso popolare che ha fatto parlare di controriforma devozionale “vincente” (21) gestita in gran parte dagli ordini regolari soprattutto quelli mendicanti (22) che propongono “nuovi contenuti ad una società ruralizzata e disgregata” (23). Tra il XVI e XVII secolo si assiste alla penetrazione ed alla diffusione sia delle quattro famiglie francescane, sia dei domenicani che agli agostiniani e carmelitani (24).
Intorno al 1620 l’ università del Piano chiede il consenso all’ arcivescovo Giovanni Antonio Angrisani all’ edificazione di un convento di padri riformati da intitolare a Santa Maria degli Angeli (25). Appena la voce si sparge in penisola sorrentina molte proteste fanno fermare il progetto. In curia piovono molte lettere di protesta. La supplica all’ arcivescovo di padre Gregorio di Casalnuovo, ordinario dei minori riformati di Terra di Lavoro non serve a nulla. Papa Urbano VIII ordina ai frati di allontanarsi da Piano ed un ordine dell’ arcivescovo Angrisani il 27 settembre 1624 viene affisso sulle porte di tutte le chiese della penisola sorrentina: tutti devono ritirare le elemosine che hanno offerto ai padri fondatori. Le autorità civili ed ecclesiastiche di Sorrento non usano i propri poteri per frenare gli arrivi di altri ordini regolari in penisola sorrentina, arrivi che sono incoraggiati se non finanziati da nobili e signori locali, ma per ribadire la superiorità della città di Sorrento sul territorio circostante. É più facile opporsi alla fondazione di un monastero a Piano che a Sorrento.
Tranne quello degli agostiniani, che giungono a Sorrento alla fine del XIV secolo stabilendosi alla Santissima Annunziata, tutti gli altri ordini arrivano in città tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. I francescani conventuali giungono nel 1562 (26) e si fermano fuori mura, presso la chiesa di Sant’ Antonio e Sant’ Eufemia. I domenicani si stabiliscono nel monastero di San Vincenzo; per volere dell’ arcivescovo Giulio Pavesio, dopo l’ invasione di Sorrento da parte dei Turchi del 1558 (27). Nel 1608 l’ arcivescovo ed il parlamento di Sorrento concedono la chiesa ed il convento di Sant’ Antonino (28) ai padri teatini, sostenuti a Sorrento da “borghesi facoltosi” (29). Infine i carmelitani scalzi giungono nel 1635; in concorrenza con la famiglia osservante dello stesso ordine, si presentano come “l’ elemento qualificante della riforma carmelitana” (30). Giungono a Sorrento a seguito di una grande diffusione nelle province meridionali e grazie ad “appoggi consistenti” che ricevono” da parte di ricchi privati e di rilevanti gruppi- sociali” (31) . Nel giro di pochi decenni i borghi, le marine e le colline della penisola  sorrentina si affollano di frati. Questo, per i frati francescani, significa dividere delle risorse delle quali, da secoli sono fruitori. La comunità cerca allora di difendere i propri spazi di questa ribadendo la propria assoluta povertà e l’antichità dei propri diritti sul territorio. Nel 1650 (32) il procuratore del convento, Giovanni Andrea d’ Ammone, ricorda all’ arcivescovo Antonino del Pezzo che i frati francescani vivono di sola elemosina e lamenta che i padri del Carmine, che invece “viveno d’ entrate”, hanno elemosinato per più giorni di quelli stabiliti e che hanno anche “cercato” la verdura alla porta ed, alle marine, “cerca” da sempre prerogativa di San Francesco. L’ arcivescovo del Pezzo convoca i padri di San Francesco, di Santa Maria del Carmine, di San Vincenzo e di Sant’ Eufemia per riconfermare i turni delle questue “acciò non si generi confusione, e si travagliono soverchio gli habitanti di questa Città” (33). Con un decreto del 29 agosto 1650 (34). Egli concede ai soli frati di San Francesco il permesso di questuare nella città, nelle marine e nei casali tutti i giorni. Ad ogni frate è assegnata una zona nella quale cercare. Ciò gli permette di intrecciare rapporti personali con i coloni, con gli artigiani e con i pescatori che sono “soliti” dare l’ offerta. E così che la questua rappresenta anche il momento più importante del contatto con la popolazione.
Note:
(19) Rosa M., La Chiesa meridionale nell’età della Controriforma, in: Storia d’Italia Einaudi, Annali 9: La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. Ghittolini e G. Miccoli, Torino 1986.
(20) Ibid., p. 326.
(21) Ibidem .
(22) Ibid., 328
(23) Ibid., p. 326.
(24) Cestaro A. , Strutture ecclesiastiche e società nel Mezzogiorno, Napoli 1978.
(25) ACSFS, f. 130 e ff. 419-421.
(26) Chiese e monasteri di Sorrento Cenni storici ed artistici a cura della Venerabile Congregazione dei Servi di Maria, Sorrento 1974, p. 165.
(27) Ibid., pp. 110 e 113.
(28) Ibid., p. 48.
(29) Rosa, cit., p. 339. Questa congregazione di chierici dalla “forte caratterizzazione urbana e aristocratica” (Ibid., p. 338) si sviluppa a partire dalla seconda metà del secolo grazie anche all’ appoggio dell’ elemento nobiliare, soprattutto nel napoletano.
(30) Ibid., p. 331.
(31) I bidem.
(32) ACSFS, ff. 121-134.
(33) Documenti conservati nel l ‘ACSFS.
(34) ACSFS, f. 123.
© Testo integralmente tratto dalla Tesi di Laurea intitolata “L’ Insediamento dei Francescani e la loro presenza nella Penisola Sorrentina”, discussa dalla Dott.ssa Serafina Fiorentino, nell’ anno accademico 1992/1993 presso la Facoltà di Teologia dell’ Ateneo Romano della Santa Croce (Istituto superiore di Scienze religiose dell’ Apollinare). Relatore Prof. A. Soldatini.
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