Sorrento ed il gioco d’ azzardo
Una nota di colore nella storia di Sorrento:
Le leggende le carte da gioco e il Casinò nella Terra delle Sirene
Le antiche tradizioni e le nuove ambizioni della Penisola Sorrentina
Anche a Sorrento, così come avviene in ogni angolo del mondo, il gioco – e più in particolare il gioco d’azzardo – esercita il suo fascino, catalizzando, da epoche remote, l’attenzione popolare e scatenando passioni collettive.
Il fenomeno è talmente antico e radicato che perfino nei libri di storia locale si ritrovano significative tracce delle tentazioni a cui erano sottoposti i sorrentini.
Il Gioco d’azzardo a Sorrento nel ‘600
Mafredi Fasulo, nel suo “La Penisola Sorrentina – Istoria – Usi e costumi – Antichità” (editato a Napoli nel 1906 e ristampato nel 1993 a cura di Gerardo, Giuliana e Fabrizio Gargiulo), evidenzia come già nel ‘600 le autorità erano impegnate per evitare che la mania per il gioco d’azzardo prendesse piede a Sorrento. In questo senso, infatti, ricorda che la Real Corte di Sorrento, nel 1641, rispettando la filosofia che aveva ispirato la promulgazione delle prammatiche vicereali emise un curioso ed importante documento nel quale, tra l’altro, perentoriamente era previsto che “nessuna persona ardisca giocare a dadi né a carte, alli giochi prohibiti, né ad altra sorta di giochi, né si faccia barattaria in nessun loco, tenendo più tavole da gioco, né prestar carte o dadi o dar comodità di giocare, sotto pena di ducati 6 et per li giochi prohibiti, secondo la Prammatica”.
Divieti e proibizioni anche per gli ecclesiastici
A testimoniare il fatto che quella a cui si è appena fatto riferimento non fosse solo una misura con scopi precauzionali (e con finalità di prevenzione rispetto al fatto che il gioco d’azzardo trovasse terreno fertile a Sorrento) concorre un provvedimento che seguì il primo di soli 13 anni e che riguardava specificamente i religiosi.
Questa volta, infatti, non furono le autorità civili, ma quelle ecclesiastiche ad intervenire con toni minacciosi. In occasione del Sinodo diocesano del 1654, convocato dall’ Arcivescovo Antonino Del Pezzo i vertici diocesani, si rivolsero a “tutte le persone ecclesiastiche a noi soggette, di questa città“ di Sorrento. Anche in questo caso è preziosissimo il contributo di Manfredi Fasulo che – nell’opera già citata – nel fornire ampi dettagli sul provvedimento, soffermandosi sugli aspetti del gioco d’azzardo e sull’ intenzione di evitare che esso si diffondesse a Sorrento riportò che nel provvedimento veniva precisato “Che nessuno tenga giochi nelle proprie o in altre case, o affitti o abbia partecipazione in quelli, né giochi a dadi, né in pubblico né in privato, né giochi a carte, né stia presente a giochi pubblici, sotto pena di dieci libre de cera et in sossidio di scomunica maggiore”.
Il fenomeno, insomma, doveva essere particolarmente diffuso e, con ogni probabilità dovette interessare tutte le classi. Non si spiegano diversamente i ripetuti e ravvicinati provvedimenti emanati tanto dalle autorità civili, quanto da quelle ecclesiastiche di Sorrento.
Un raro esemplare del Biribisso al Museo Correale
Che si trattasse di giochi che prevedevano l’utilizzo delle carte, o dei dadi, o altro ancora, è fuori di dubbio il fatto che Sorrento (che all’epoca abbracciava un territorio che comprendeva le attuali Meta, Piano di Sorrento, Sant’Agnello e, per l’appunto, Sorrento) fosse presa da una sorta di mania per il gioco d’azzardo.
Non è chiaro, invece, fino a che punto – e per quanto tempo – esso vide interessata la classe dei nobili e quella dei ricchi borghesi del posto.
Come non sono chiare le circostanze che hanno portato una tavola del “Biribisso” (antico gioco particolarmente diffuso negli ambienti aristocratici di tutta Europa) in possesso della famiglia Correale di Sorrento.
Si tratta di un dipinto dalle altissime qualità pittoriche, caratterizzato dalla costante ricerca del particolare, giunto, per l’appunto, in casa Correale, probabilmente per la passione collezionistica degli antenati di Alfredo e Pompeo Correale, Fondatori dell’omonimo celebre Museo. Tuttavia non è da escludersi la possibilità che esso sia anche stato utilizzato per le finalità per le quali era stato creato.
Il Casinò di Sorrento, i mazzi di carte da gioco della Terra delle Sirene, e i “Bastoni della Regina Giovanna
Molto più sicure, invece, sono le ambizioni che, da circa un secolo, Sorrento nutre nell’ospitare una Casa da Gioco. Anzi, sia pure per un brevissimo periodo (compreso tra maggio ed agosto del 1922), Sorrento ha avuto il proprio Casinò. Poi, su questo argomento, sono rimasti solo sogni e desideri più o meno concreti.
Molto più recentemente, invece, la Terra delle Sirene – intesa come realtà comprendente i comuni dell’intera Penisola Sorrentina – ha visto concretizzare un simpatico progetto. Quello che ha portato alla realizzazione di simpatici mazzi di carte da gioco ispirati ai suoi luoghi, ai suoi personaggi, alla sua storia ed alle sue tradizioni.
Fabrizio Guastafierro e Gabriele Oliva, infatti, hanno realizzato simpatici mazzi di carte da gioco che rispettano tanto la tradizione delle carte da gioco regionali (composti da 40 carte ed allestiti con la raffigurazione dei semi di Bastoni, Denari, Coppe e Spade), tanto quella delle carte da gioco internazionali (composti da 54 carte ed allestiti con la raffigurazione dei semi di Cuori, Quadri, Fiori e Picche).
Si tratta di novità che non solo hanno riscosso l’apprezzamento dei turisti alla ricerca di simpatici souvenir, ma hanno anche riscosso i favori dei collezionisti.
Il tutto nel segno di una leggenda secondo la quale, il palo di Bastoni delle più celebri carte Napoletane, sarebbe stato realizzato prendendo spunto dalle performance sessuali della Regina Giovanna II d’Angiò che avrebbe trovato, proprio a Sorrento il luogo ideale per consumare i suoi amplessi.
Fabrizio Guastafierro