Sant’Agnello si dedica all’ eremitaggio e fonda un ospedale (3d)
d) Agnello si dedica alla vita eremitica e fonda un ospedale.
All’ età di 15 anni, abbandonando la sua famiglia e gli studi intrapresi, Agnello affrontò una prima breve esperienza di vita eremitica scegliendo come suo ritiro un luogo vicino alla città, nei pressi di Santa Maria Intercede a Caponapoli. L’ eremo si conserva tuttora, ivi esistente un’ immagine del Santo, ed appartiene alla chiesa di Sant’ agnello Maggiore in Napoli.(1) E’ probabile che il giovane, durante la sua vita di solitudine, mantenesse i rapporti con la famiglia, così che, quando si trovò in possesso di una notevole fortuna per la morte dei genitori, potè costruire un ospedale per i bisognosi. L’ ospedale sorse sulla collina di Caponapoli e alcuni(2) ritengono che venisse realizzato in una casa già di proprietà del Santo, opportunamente ampliata e adattata. A questo punto della vicenda, la tradizione riporta i primi due miracoli del Santo. Il primo è veramente singolare ma i suoi particolari sono incerti e frutto del folclore e della leggenda. La versione più comune è quella secondo la quale il giovane Agnello teneva un piccolo allevamento di polli a vantaggio dell’ ospedale che egli stesso amministrava. Uno di questi polli fu rubato da un giovane. Agnello, colpito dal peccato di cui il ladruncolo si era macchiato per aver tolto ai poveri malati una parte del cibo destinato al loro sostentamento, si recò dal giovane e lo esortò a restituire il maltolto. Il furfante, però, reagì dando del bugiardo ad Agnello e, adiratosi, lo colpì al volto con un pugno. Il Santo si rimise allora alla giustizia divina e il Signore non lasciò impunito l’ oltraggio: il colpevole non potè più articolare il braccio, i suoi occhi, accesi di furore, non riuscirono più a vedere e, quasi a manifestare la sua colpevolezza, gli crebbero sul dorso delle pene simili a quelle della gallina rubata. Il ladro, atterrito da quella terribile punizione, corse a gettarsi ai piedi del Santo il quale lo perdonò ed ottenne dal Signore che fosse liberato dal castigo.(3) Un’ altra versione narra che l’ episodio avvenne l’ 8 settembre, giorno in cui si celebrava la festa dell’ ospedale; il colpevole era un parente di Agnello il quale rubò con la complicità di amici, più per scherzo che per avidità. Altri precisano che le galline rubate erano più d’ una e che il furto fu scoperto da una donna, Anna, di servizio all’ ospedale. Agnello, avvertito, conobbe per divina rivelazione il colpevole e potè sorprenderlo quando credeva di averla fatta franca. Il ladro, sorpreso, reagì con improperi e colpì il Santo con un pugno che causò la caduta di un molare. Questa versione sarebbe avvalorata da un dente molare o sarebbe stata creata per giustificare il dente molare conservato come reliquia del Santo in un reliquiario che porta la scritta: “Dens molaris S. Agnelli Abatis”. Il particolare che il colpevole era parente di Agnello per parte paterna si riallaccia ad un’ altra tradizione riferita dal Panigada(4) secondo la quale i componenti della famiglia Soderico e Poderico, parenti del Santo, si recavano ogni anno, alla vigilia della festa del Santo, ad offrire alla chiesa di Sant’ Agnelo Maggiore a Napoli cento libbre di cera. L’ offerta doveva essere pagata per sfuggire al castigo che aveva colpito il colpevole e che si sarebbe ripetuto in tutti i suoi discendenti qualora l’ avessero trascurata.
Il secondo miracolo di Sant’ Agnello si verificò in circostanze drammatiche, poco dopo la fondazione dell’ ospedale. Verso la metà del secolo VI tutta l’ Italia era preda delle scorrerie dei barbari e anche Napoli, nel 553, si trovava in una situazione drammatica poiché ai piedi del Vesuvio le orde dei Goti, guidate da Teia, si erano scontrate con l’ esercito bizantino. Tutti erano convinti che la città sarebbe stata invasa dall’ esercito vincitore e avrebbe dovuto patire le stesse sofferenze causate da Belisario (553) e da Totila (554). In quel frangente di terrore e ansia i Napoletani ricorsero al Santo affinché la città fosse risparmiata. Agnello rassicurò i suoi concittadini e, infatti, le sue preghiere raggiunsero lo scopo: terminata la battaglia, i due eserciti si allontanarono senza arrecare danno alla città.
Padre Isidoro e Monsignor Gargiulo (5) non dubitano dell’ autenticità del miracolo: esso di legge anche nell’ ufficiatura dell’ Ordine benedettino ma non si trova nell’ ufficiatura del Santo.
Note:
(1) cf. Padre Isidoro da Guarcino, Vita di Sant’ Agnello abate, con note del P. Bonaventura da Sorrento, Sant’ Agnello di Sorrento 1877, pagina 25. Vincenzo Panefresco, Vita e culto di Sant’ Agnello patrono di Guarcino, manoscritto-dattiloscritto del secolo XIX, conservato nell’ archivio della Collegiata di San Nicola di Guarcino, dalla pagina 20 alla pagina 22.
(2) Così il Mons. F. Bonaventura Gargiulo, Vescovo di Sanseverino, il glorioso Sant’ Agnello Abate, studio storico critico con appendici, Napoli 1903, pagina 45 e seguenti e il Panefresco, opera citata nella nota (1), pagina 20 e seguenti.
(3) . Padre Isidoro da Guarcino, opera citata nella nota(1), pagina 31, Panefresco, opera citata nella nota (1), pagina 24. Questo miracolo del Santo è dipinto su una tela che si conserva nella collegiata di San Nicola in Guarcino (Giuliano Floridi, Le pergamene dei monasteri di San Luca e Sant’ Agnello di Guarcino, Roma 1967, pagina 20 n.3.
(4) Gio. Pompeo Panigada, Vita di Sant’ Agnello abate, protettore e tutelare della fedelissima città di Napoli, Napoli 1714 ristampata dall’ Abate e Canonici del Salvatore a Napoli nel 1740, dalla pagina 9 alla pagina 12.
(5) cf. Gargiulo, opera citata nella nota (2), pagina 49 e seguenti ; Padre Isidoro da Guarcino, opera citata nella nota (1), pagina 39; cf. anche Panefresco, opera citata nella (1), pagina 26 e seguenti
© Testo integralmente tratto dalla Tesi di Laurea intitolata “Analisi storico – antropologica del culto di Sant’ Agnello”, discussa dalla Dott.ssa Laura Parlato, nell’ anno accademico 1979/1980 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ Istituto Universitario Orientale di Napoli. Relatore Prof. Alfonso M. di Nola.
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