... ALL OTHER SCRIPTS MUST BE PLACED BELOW Sant’ Agnello e le gestanti tenute a rispettare il culto (22) | Il meglio di Sorrento

Sant’ Agnello e le gestanti tenute a rispettare il culto (22)

Alcune riflessioni sulle credenze popolari sorrentine legate alle gestanti
Il mancato atto di omaggio a Sant’ Agnello, nel giorno della sua festa, non sempre provoca la vendetta del Santo. Condizione indispensabile perché essa si manifesti è, innanzitutto, il coinvolgimento, spontaneo e coatto, della coppia genitrice: solo chi è pienamente partecipe del culto ne è soggetto e, nello stesso tempo, possibile oggetto. Chi, infatti, non conosce la tradizione legata a S. Agnello e alle gestanti non è, in assoluto, esposto alle ritorsioni del Santo né lo è chi, pur conoscendo quella tradizione, non se ne è mai curato, perché magari vive in un ambiente fortemente scettico, ateo o, comunque, non superstizioso.
Guai, invece, a chi è entrato nell’ ordine di idee che Sant’ Agnello “va” riverito nel giorno della sua festa: egli deve assolutamente compiere i prescritti atti di devozione e se non lo fa si espone consapevolmente alla vendetta del santo.
Per la donna incinta che si sente “coinvolta” nel misterioso rapporto Santo-gestante la quale non può in alcun modo, e non vuole, recarsi al Santuario per il pellegrinaggio d’ obbligo c’è una sola via di scampo: ella deve praticamente “fingere” di non conoscere il Santo e quindi di non sentirsi obbligata a “visitarlo”. Questa specie di farsa superstiziosa può tuttavia essere bruscamente interrotta da una qualsiasi persona che, constatando lo stato interessante della donna, le domandi inopportunamente se ha compiuto la rituale visita a S. Agnello. A questo punto la finzione è rotta: la donna non può più fingere di non sapere ed è completamente esposta all’ ira del Santo. Infatti, nella maggior parte delle “vendette” raccolte sul campo della viva voce dei fedeli, compare un personaggio che chiede alla gestante se è andata “a guardare” Sant’ Agnello oppure esorta il suo sposo ad astenersi dal lavoro. Le parole di questa antipatica figura mettono la coppia con le spalle al muro: essa non ha più ormai alcun alibi, se si ostina a non santificare la festa di Sant’ Agnello compie un deliberato atto di irriverenza e se ne assume tutte le possibili conseguenze.
Il fenomeno in questione va probabilmente inquadrato fra quelli provocati dall’ autosuggestione e dev’ essere messo in rapporto con altre simili superstizioni, legate alle donne incinte, diffuse nel Napoletano(1). Guai, per esempio, se la gestante guarda un coniglio o una lepre! C’è il pericolo che suo figlio nasca con le orecchie lunghe e col labbro leporino. Se la donna, poi, ha qualche pur minimo desiderio, bisogna subito appagarlo altrimenti s’ imprime nel feto l’ immagine dell’ oggetto vagheggiato, proprio nella parte del corpo in cui la madre si tocca mente prova quel desiderio. Nella mente della futura madre, passano spesso anche gusti strani: frutta fuori stagione, cortecce secche d’ alberi, gusci d’ uova, limoni e simili. In sua presenza bisogna perciò evitare di nominare qualunque cosa posta destarle vaghezza. La donna che ha provato una voglia inappagata si dice golosa e si trovano impronte del golio: una macchia di vino o di fragola, una fettina di fegato, uno schizzo di cioccolato sulla pelle del neonato. Quando la futura mamma ha il golio, le si devono far guardare le unghie. Così non lascerà traccia sul neonato. Nel Cortese (2) si consiglia:
Se viene a scire prena, ed aje golio
De qualche cosa, tienemente l’ ogna,
O te tocca la nateca: saje ch’io
Fice a fratto ‘nfronte ‘na scalogna,
Che se ne desperaje lo figlio mio,
e fojette pe’ collera a Bologna,
A lo leparo falle ‘na vasata,
Se no lo ninno ha la vocca spaccata.
E lo Zito, nelle annotazejune, avverte che, trovandosi dove ci sono donne incinte, non bisogna “allecordanno certe cibbe, che po’ assediandole la prena, no’ le potesse avere, e con chesto doliresse; ovvero, che desiandole essa, e no’ ccercanno pe’ qualche rispetto, se toccasse qualche luoco, e tenesse segnata la creatura” e cita alcuni autori i quali sostengono che “la mmaggenazione ‘nchillo caso eje causa potentissima de fare, che la creatura esca co’ le qualetate de la cosa “mmaggenata”. Come si nota, anche nella mitologia superstiziosa relativa alle voglie è presente un personaggio che, con le sue parole, può innescare nella gestante un processo immaginativo tale da provocare dei segni sul corpo del feto. Altre volte, è la vista stessa di un cibo o anche il semplice fatto di sognarlo a provocare la voglia della donna.
Indagare quali misteriosi rapporti leghino una madre al figlio che porta in grembo e alle superstizioni popolari è compito assai arduo ed esula dai nostri obiettivi. Resta tuttavia accertato che qualcuno o qualcosa possono destare nella donna un “complesso” di desiderio, nel caso delle voglie, o di colpa, nel caso di culto di Sant’ Agnello. Tali complessi riescono a volte a lasciare un segno più o meno grave sul corpo del nascituro. Una prima e facile spiegazione di questi misteriosi fenomeni può essere che la madre “autosuggestionata” finirà per convincersi talmente dell’ inevitabile “segnatura” del figlio che, dopo il parto, cercherà accuratamente di trovarla e, inevitabilmente, ci riuscirà. Scoprirà anche solo un neo o qualunque altra imperfezione cutanea (chi non ne ha?) e la identificherà come conseguenza della voglia.
La donna che non ha “guardato” Sant’ Agnello attribuirà invece alla sua mancanza un eventuale difetto fisico, anche minimo, del figlio. Quella che, in una società più evoluta, sarebbe un’ imperfezione scientificamente spiegabile, diviene così la risultanza di un errore o di una mancanza materna. Dove non arriva la scienza, regna ancora la magia e la superstizione.
Note:
(1) Per tutto quanto segue, cf. Gaetano Amalfi, la culla, il talamo e la tomba nel napoletano, Pompei, 1892, pagine 1-3.
(2) cf. Amalfi, opera citata nella nota (1), pagina 2.
© Testo integralmente tratto dalla Tesi di Laurea intitolata “Analisi storico – antropologica del culto di Sant’ Agnello”, discussa dalla Dott.ssa Laura Parlato, nell’ anno accademico 1979/1980 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ Istituto Universitario Orientale di Napoli. Relatore Prof. Alfonso M. di Nola.
Nessuna parte può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro, senza l’ autorizzazione scritta dell’ autore.