Casinò a Sorrento, la relazione alla proposta Mormone (7)
Circa la legittimità della città di Sorrento a rivendicare il ruolo di sede per la casa da gioco non ci possono essere dubbi.
A prescindere dalle considerazioni già sopra formulate in ordine a precedenti proposte legislative è da rilevare che la «Terra delle Sirene» vanta al riguardo una impareggiabile tradizione.
Già nel 1922, infatti, Sorrento aveva una sua casa da gioco (come del resto è facilmente comprovabile anche grazie agli articoli di stampa dell’ epoca).
Il Casinò Municipale aprì i suoi battenti il 7 maggio di quell’ anno e la sua sede era ubicata nella Villa Gunderrade, già Nardi.
A frequentarlo era la parte migliore della società napoletana e per essa i giornali riportavano i nomi del Conte Enrico Durin (all’ epoca i titoli nobiliari erano particolarmente significativi così come quelli accademici), il dottor Giovanni Quilitz, il Prof. Pellisone e tanti altri personaggi illustri del tempo.
L’ esperienza durò solo tre mesi, ma il sogno della casa da gioco a Sorrento ebbe un nuovo impulso nell’ immediato dopo guerra e più precisamente nei 1946. Le cronache giornalistiche dell’ epoca riferiscono che a Villa Battista tutto era pronto, i tavoli ai loro posti, gli inviti diramati, il buffet per la cerimonia inaugurale allestito, quando giunse un contrordine preciso quanto imperioso che impedì la inaugurazione della struttura. Sembrava il copione di una tragi-commedia destinata ad essere replicata negli anni settanta. Nella circostanza la casa da gioco avrebbe dovuto trovare la sua sede all’ Hotel Europa.
L’ appuntamento, questa volta era fissato per le ore 22 del 20 aprile del 1974. Artefice del magnifico progetto era un mecenate dell’ epoca: Achille Lauro.
Il Comandante era riuscito a trovare una chiave per aprire le contorsioni legislative ed aveva costituito la S.P.A. «Surrentum» al cui capo fu posto un parlamentare socialista (a testimonianza del fatto che non si voleva strumentalizzare politicamente l’ iniziativa). Un intervento delle Forze dell’ Ordine, però impedì la concretizzazione di quello che sembrava essere divenuto un sogno secolare.
L’ ultimo tentativo teso a consentire l’ apertura di un Casinò Municipale a Sorrento fu posto in essere nel 1977, quando cioè, la signora Anna de Marinis, quale legale rappresentante della Società «Beatrice S.P.A.» fittò i locali dell’ Hotel Miramare per realizzarvi la casa da gioco.
Su disposizione del pretore Peluso, le forze dell’ Ordine ancora una volta intervennero, ma la questione in quella circostanza fu assai controversa.
La signora de Marinis, infatti aveva ricevuto dal comune di Sorrento una concessione ventennale, ma ciò che più conta aveva versato una somma di sessanta milioni di lire come tassa di concessione governativa che figurava regolarmente iscritta nel bilancio dello Stato. Come se non bastasse, inoltre la «Beatrice S.P.A.» aveva comunicato alla Questura di Napoli che il giorno 7 febbraio 1977 la casa da gioco avrebbe aperto i battenti e per questo motivo aveva anche richiesto apposita licenza di Pubblica Sicurezza secondo quanto previsto da un decreto presidenziale del 1972.
La storia è caduta nel dimenticatoio così come la sorte dei famosi sessanta milioni incamerati dallo Stato.
Nei primi anni dell’ 80, infine, Sorrento fu « teatro» di un interessantissimo convegno su «Le case da gioco e la possibilità di aprire nuovi Casinò in Italia». Gli atti del convegno cui parteciparono illustri giuristi, magistrati e parlamentari, furono pubblicati dalla Casa Editrice Iovene di Napoli.
Ne risultò uno studio assai scrupoloso e profondo da cui si trae spunto per questa stessa relazione. Orbene alla luce di quanto fin qui illustrato ritiene che l’ analisi e l’ approvazione del provvedimento legislativo non possano essere ulteriormente differite.
Regolamentare la materia relativa alla apertura, all’ esercizio ed alla gestione delle case da gioco è, ormai una esigenza di primaria importanza.
Fa quindi proprie le considerazioni già formulate da altri affinché il nostro Paese si adegui agli altri Stati di diritto affinché anche l’ Italia possa presentarsi in una situazione analoga a quella di altri paesi in Europa; affinché possa iniziare una opera di trasparenza e di moralizzazione in un settore in cui questi aspetti sono estremamente necessari, ma fino ad oggi inesistenti.
Può essere osservato che la proposta in oggetto è territorialmente assai limitata, ma, in questa sede si formula l’ auspicio che se essa dovesse risultare valida, possa essere presa ad esempio per eventuali ulteriori estensioni o per proposte legislative di analogo tenore per tutto il territorio nazionale.