Sorrento e la struttura geomorfologica (II Parte)
Circa 6.000 anni fa, la costa della Penisola Sorrentina assume un aspetto pressoché definitivo, fatto da limitati e bassi ripiani allo sbocco dei valloni, da piccole spiagge ghiaioso – ciottolose, protette a tergo da rientranze litostrutturali delle successioni rocciose affioranti, e da falesie attive più o meno alte che fiancheggiano quasi tutta la costa sorrentina. Tra queste ultime quelle più sensibili all’ arretramento sono quelle del Tufo Grigio tra le marine di Meta e di Sorrento, dove il disegno costiero rientra visibilmente rispetto alle falesie intagliate sugli speroni calcarei ai lati. Alla base delle falesie tufacee (come testimoniato anche dalle stampe antiche), accumuli di materiali di crollo più o meno cospicui, confermano che queste pareti sono soggette a una morfodinamica particolarmente accelerata, cui si è cercato e si cerca di porre rimedio con bonifiche e rinforzi delle superfici esposte (cementazioni, sarciture, muri di sostegno, contrafforti, etc.) e con opere di difesa longitudinali a mare (scogliere), nei tratti maggiormente soggetti all’ erosione.
Nell’ analisi geomofologica della Penisola Sorrentina non si può trascurare un approfondimento sulle strette valli fluviali (valloni) che tagliano il Tufo Grigio Campano, sia per quanto attiene agli aspetti geomorfologico – evolutivi dell’ area, sia perché i fianchi di queste incisioni sono state preziose aree di approvvigionamento di tufo (pietra molto utilizzata anche nei muri sorrentini) che si è preferito cavare, soprattutto in prossimità della costa, non solo lungo la falesia, ma anche nei valloni per motivi di opportunità. Tra questi i principali sono:
a) possibilità di prelevare roccia di migliore qualità,
b) sfruttamento della gravita per agevolare i crolli dai fronti di cava,
c) più agevole trasporto del materiale.
Le profonde forre che dissecano il piastrone tufaceo tra Meta e Sorrento sono una peculiarità geomorfologica della “piana sorrentina“; hanno direzione Nord Nord Ovest – Sud Sud Est per quasi tutto il loro percorso e un profilo di fondo che si approfondisce man mano, raggiungendo una profondità massima, rispetto alla superficie della piana, di 50/60 m in prossimità della costa, dove le valli si aprono con morfologie imbutiformi più o meno ampie.
Tutte le linee di drenaggio provengono dalla zona collinare retrostante la piana e dai fianchi dei rilievi laterali, dove incidono rocce calcaree e arenaceo – marnose per poi approfondirsi nelle fasce detritico-colluviali accumulate alla base dei versanti e successivamente si incastrano nei depositi vulcanici nel tratto terminale. Il forte e rapido approfondimento dei solchi fluviali, alimentati da sparute sorgenti e con un discreto ruscellamento in alveo solo durante i periodi piovosi, è dovuto a due fattori principali:
a) la roccia tufacea è molto erodibile;
b) il livello del mare è cambiato rispetto alla posizione attuale dopo la messa in posto del Tufo Grigio.
Sembra plausibile ritenere {anche se non sappiamo con certezza) che la linea di riva, al momento della deposizione del tufo, fosse presumibilmente 30-40 m più in basso della quota attuale. Dopo lo sconvolgimento operato dalla messa in posto dell’ ignimbrite, gli impluvi hanno dovuto riorganizzarsi, riadattandosi alle nuove morfologie e, successivamente, nell’ arco di circa 20.000 anni, le loro foci si sono spostate di almeno un paio di chilometri rispetto alla posizione attuale e, contestualmente, si sono abbassate di quasi 70/80 m, raggiungendo la quota assoluta di circa -120 m rispetto al livello del mare attuale; questi cambiamenti hanno obbligato gli alvei a raccordarsi a un livello di base d’erosione che a mano a mano si approfondiva.
La successiva risalita eustatica, fino a circa +2 m durante la fase di optimum climatico (7.900 / 4.600 a.C.), ha sagomato, lungo la fascia costiera, falesie di erosione nei tufi sempre più alte e sempre più arretrate verso i quadranti meridionali. Questi cambiamenti, molto rapidi alla scala geologica, hanno prodotto le forre sorrentine, a seguito di processi di erosione verticale così intensi e così recenti che i fianchi dell’impluvio non hanno avuto il tempo di allargarsi, acquisendo pendenze via via più basse.
Il vallone dal bacino idrografico più ampio, sul margine occidentale della piana, è il Rio Lavinola il cui ampio ventaglio di testata si estende fino alle pendici occidentali di Monte Comune; dopo aver tagliato una profonda go la nelle successioni calcaree, all’ altezza de La Trinità la valle cambia direzione, assumendo disposizione Nord Nord Ovest – Sud Sud Est fino al punto di foce, nei pressi della Marina di Meta.
Il margine orientale del graben di Sorrento è, invece, solcato da un impluvio che nella parte medio alta si biforca in due rami che attingono, uno alle pendici meridionali di Monte Tore e l’ altro ai fianchi meridionali e orientali dei rilievi collinari tra lo stesso monte e l’ abitato di S. Agata. All’altezza della frazione di S. Lucia i due rami si congiungono in un’unica forra (conosciuta come “Vallone dei Mulini“) che, attraversando il settore orientale della città di Sorrento, raggiunge il mare alla Marina Piccola. Il lato occidentale della città è fiancheggiato da un piccolo vallone che riceve il contributo delle acque che solcano le pendici nord-occidentali del rilievo del Deserto e, nel tratto terminale, si incassano nei tufi, per giungere rapidamente alla Marina Grande.
“L’orrida bellezza” dei valloni sorrentini che si ammira nelle stampe antiche, soprattutto ottocentesche, è ormai solo un ricordo. Tutti i sistemi vallivi della piana sono stati manomessi, nessun vallone è rimasto integro, se non in qualche piccolo segmento troppo impervio e abbastanza fuori mano per poter essere alterato. Molti tratti sono stati colmati o ricoperti, ricavandone piazze o strade (Piazza Tasso a Sorrento, 1880; Piazza Antiche Mura a Sorrento, 1912; Piazza della Repubblica a Piano di Sorrento, 1948; Via Balsamo – Viale dei Pini a Sant’Agnello); in alcuni fondovalle le caratteristiche scalinate o viottoli intagliati nella roccia tufacea sono diventate strade (Via De Maio a Sorrento) o sono state costruite complesse opere murarie addossate alle pareti dei burroni, a sostegno di rampe di scale (Vallone di Cassano, lato Sant’ Agnello).
Le tracce di manomissioni più profonde derivano però dall’attività estrattiva che ha sostanzialmente modificato la morfologia valliva allargando i fianchi delle forre, anche per diverse decine di metri, perforando le pareti tufacee con cavità di varie dimensioni, compromettendone così la stabilità.
Come già accennato precedentemente, i valloni sorrentini sono geneticamente stretti e non ci sono condizioni al contorno che possano far variare la larghezza delle forre, eccetto un naturale e sistematico leggero incremento da monte verso valle, Nella “piana sorrentina“, la roccia tufacea è sostanzialmente omogenea e non sono ipotizzabili sensibili effetti di morfoselezione nell’ escavazione valliva naturale, inoltre, le condizioni morfologiche sono uniformi e i deflussi sono regolari, al più leggermente implementati da apporti laterali nei punti di giunzione dei canali. Da queste considerazioni scaturisce che gli alvei della “piana” dovrebbero mantenere ampiezze piuttosto regolari per tutto il loro percorso. Al contrario, alcune sezioni sono “normalmente” strette pochi metri, altre, invece, sono molto larghe, senza nessuna causa naturale. Questa anomalia e frutto della intensa attività estrattiva del passato che ha aggredito i fianchi dei valloni, specie in prossimità dei nuclei urbani e della costa.
Il “Vallone dei Mulini” che attraversa la città di Sorrento è famoso per i ruderi di un vecchio mulino che è stato attivo fino ai primi del 1900 e che macinava il grano necessario ai sorrentini. Annessa al mulino c’ erano anche una segheria alimentata ad acqua e un lavatoio pubblico, come testimoniato dalle foto.
Il testo che precede è integralmente tratto dalla Relazione del Piano Urbanistico Comunale di Sorrento predisposto dal Dirigente del IV Dipartimento del Comune di Sorrento, Ingegnere Guido Imperato con la consulenza del Prof. Arch. Guido Riano