Sorrento e la Regina Giovanna d’ Angiò
I pruriti hard della Regina Giovanna
Se fosse vissuta ai giorni nostri, più che per l’essere la Regina di Napoli, Giovanna II d’Angiò, sarebbe passata alla storia come la Regina dell’ hard. Una miriade di voci e di leggende – sebbene mai adeguatamente provate – infatti, più che esaltarne pregi o difetti politici ne hanno tramandato una fama che potrebbe essere considerata da ninfomane.
Neppure chi è disposto a proporne la figura con indulgenza (come fa, ad esempio, Mimmo Liguoro, nel suo “La Regina Giovanna II – Una sovrana al tramonto del regno angioino” edito nella collana “Tascabili economici Newton – Napoli Tascabile” nel 1997) riesce a negarne gli appetiti. Proprio Liguoro, infatti, tra l’altro scrive : “Giovanna II d’Angiò Durazzo aveva vissuto un’epoca dura e sanguigna, caotica e incerta. Non lasciò di sé tracce politiche di rilievo, né la sua condotta, negli affari di Stato, fu all’altezza della difficoltà dei suoi tempi. Alla base di questo debole identikit, c’è il carattere gracile di una donna arrivata tardi a cingere la corona, quando ormai aveva già trascorso la maggior parte della vita nella convinzione di dover essere per sempre una principessa senza responsabilità né problemi, inserita a tutto tondo nella spregiudicata vita di corte. In più c’era una tendenza tutta personale alla passionalità, alla ricerca continua di amori e legami, sentimentali e carnali. Inevitabilmente, su questo aspetto della personalità di Giovanna si appuntarono gli occhi dei cronisti dell’ epoca, i quali annotavano fatti e dicerie, verità ed esagerazioni. E fiorirono racconti leggendari sul conto di Giovanna II. Ape regina, amante instancabile, «uocchie de fattucchiarella», sfrenata e gaudente. I suoi amori, quelli veri e quelli immaginari, fornirono materia prima a innumerevoli racconti popolari, tramandati di bocca in bocca”.
Sorrento, alcova e teatro delle orge della sovrana.
E Sorrento, in tutto questo cosa c’entra?
C’entra e come!
Secondo le leggende considerate più prossime alla realtà, infatti, la Regina Giovanna avrebbe dato libero sfogo alla parte più significativa della sua libidine proprio a Sorrento. E più precisamente nell’area che oggi è conosciuta come Bagni della Regina Giovanna. In effetti, oggi, nella zona si possono vedere solo i resti di una antica villa romana e non c’è nulla che lasci pensare ad una residenza di epoca quattrocentesca.
Eppure il nome dell’area che circonda la magnifica conca naturale ubicata presso il Capo di Sorrento sembra avvalorare la fondatezza delle leggende secondo le quali la sovrana, nel godere di un magnifico panorama, avrebbe soddisfatto una imprecisata moltitudine di amanti.
Di segno univoco i segnali perfino dei più accreditati storici.
Mimmo Liguoro, nel libro già ricordato in precedenza evidenzia: “Secondo Summonte, tanta era la fama della leggerezza di Giovanna II in fatto d’amore che un giorno un ambasciatore di Firenze, durante l’ udienza, rivolse proposte piccanti alla regina.
E lei, sorridendo, gli chiese se anche quelle proposte facessero parte della sua missione diplomatica. Secondo il Mazzella, era proprio Giovanna II ad attirare nella sua stanza gli amanti per poi farli morire dopo l’ amplesso. Di lei il Capaccio scrisse: «infimorum hominum concubitus petens», a sottolineare l’inclinazione per gli amori facili, immediati, generalizzati.
E finanche i motti boccacceschi dei vendemmiatori risalirebbero, secondo il Capaccio, a invenzioni della regina, sfrenata sia nelle pratiche d’amore sia nel parlare in maniera oscena. Attrarre gli uomini, amarli e ucciderli: questo sarebbe stato l’obiettivo quotidiano della regina Giovanna II. Perversa fino al punto da non negarsi neppure l’esperienza di rapporti animaleschi. Una brutta fama confermata nel giudizio di Pietro Giannone: Ladislao e Giovanna, due «portentosi mostri di libidine e laidezza”.
In effetti Mimmo Liguoro parla poco di Sorrento, ma resta indimenticabile il racconto del suo matrimonio a Sorrento, le voci relative alla edificazione di sue dimore in Penisola Sorrentina oltre che una leggenda relativa alla nascita delle carte da gioco napoletane.
Fabrizio Guastafierro