L’ Introduzione dell’ autore del testo sullo stemma di Sorrento
Sono più di mille anni che il patrimonio della nostra terra è oggetto dei desideri di orde barbariche o di singoli che non hanno avuto rispetto né degli uomini, né delle cose, né della storia.
Predoni più o meno agguerriti ed organizzati, sia pure con diverse strategie, con diversi effetti e con diversi metodi, non hanno provato esitazioni nel fare man bassa dei beni considerati preziosi e – nel far ciò – nel distruggere testimonianze importanti non solo per la loro valenza architettonica.
In questo senso, proprio per effetto di scelleratezze di ogni genere, i Sorrentini non solo sono stati privati di beni di grande valore, ma perfino della loro stessa memoria storica.
Il fatto che ogni studio sul passato si “incagli” su metaforiche “secche” provocate, nei “mari” della nostra storia, dalla distruzione operata dai saraceni nel 1558, è un dato incontrovertibile.
Al riguardo, però, va detto che i predoni musulmani hanno svolto un ruolo primario, ma non esclusivo in un’opera di devastazione che non si è mai fermata nel tempo.
Se, negli anni, gli stemmi e gli ornamenti marmorei – di cui pure era ricca la nostra città – non fossero stati oggetto di un saccheggio sistematico (accentuatosi soprattutto nell’ultimo ventennio), sapremmo sicuramente molto di più.
Se taluni studiosi (o sedicenti tali) non avessero spogliato con maggiore o minore destrezza tutti gli archivi accessibili, il nostro passato sarebbe ammantato d’ombre meno fitte. Ciò perché difficilmente atti e documenti entrati in possesso di privati hanno dato vita a fondi e collezioni che tornano alla fruibilità pubblica.
I pirati dell’ ”altro-ieri”, forse, erano più violenti dei ladri di “ieri” e degli Arsenio Lupin di oggi. Tutti, però, sono stati e sono egualmente dannosi. Come dannosi sono stati quei tanti che grazie al dilagare dell’abusivismo edilizio, o grazie alla destrezza con cui sono state sfruttate certe licenze e certe concessioni edilizie, con il cemento hanno coperto ettari di terreno e anche secoli di storia.
E come dannosi sono stati taluni interventi di “restauro” che con false patine di bellezza artistica hanno sortito il risultato di cancellare splendide pagine di gloriosa storia locale.
L’egoismo di pochi, insomma, troppo spesso ha fatto passare gli interessi della collettività in secondo piano.
A questo, purtroppo, si è aggiunta una diffusa miopia. Nel rallentare il progredire del processo di conoscenza, una parte importante l’hanno giocata anche le responsabilità di chi continua a rendere inaccessibili importanti documenti.
Dopo avere trascorso alcuni anni a Roma, sono ritornato a Sorrento per svolgere l’attività di portavoce del Sindaco Marco Fiorentino. Ed ancora una volta mi sono imbattuto su alcuni “enigmi a sfondo storico” che mi avevano affascinato in passato.
Orgoglioso della mia sorrentinità, infatti, ho sempre cercato – sia pure con poca pazienza e senza metodo – di appagare la mia sete di conoscenza su ogni aspetto che potesse riguardare la vita, la storia, le tradizioni della Terra delle Sirene.
Quella curiosità che, in un primo momento, consideravo come semplice frutto dell’amore per la terra natia e come espressione di attaccamento verso quella che consideravo come la mia stessa storia, nel tempo, ha subito un’evoluzione.
Come consigliere comunale prima, e come assessore delegato alla cultura poi, infatti, ho avvertito crescere l’esigenza di trovare risposte certe rispetto ad interrogativi che mi sembravano essere stati frettolosamente risolti da altri o, addirittura, non essere mai compiutamente affrontati.
In questo senso devo confessare una “colpa”: quella di essermi accontento, comunque, di quanto era stato scritto da altri, senza mai verificare o cercare di trovare da solo le risposte che non erano contenute nei libri.
Eppure di dubbi restati clamorosamente senza soluzione ne ho conservati diversi. Tra questi ce ne sono alcuni che, in maniera beffarda, si sono riproposti, proprio quando ho intrapreso l’attività di portavoce della massima espressione amministrativa della Città del Tasso.
Dovendo curare, tra l’altro, alcuni aspetti relativi all’ “immagine” dell’ente municipale oltre che della comunità locale – in occasione della predisposizione del Piano di Comunicazione 2004 – mi è capitato di rilevare che “spesso l’identità visiva del Comune di Sorrento risulta fortemente compromessa anche per l’utilizzo dello stemma municipale in forme stilizzate o per l’ausilio di logotipi e/o immagini che finiscono, a secondo dei casi, con l’alimentare confusione, manifestare disordine e mancanza di idee chiare, creare la sensazione che il Comune non sia una struttura unica”.
Eppure, nella nostra terra, mentre ci si è affannati nel tentativo di trovare il significato etimologico del nome che caratterizza la Terra delle Sirene o ad approfondire studi già curati da altri, non si è ritenuto di spendere molta attenzione al simbolo che pure dovrebbe rappresentare la collettività locale nel suo insieme.
E dire che si tratta di un’esigenza avvertita – prima per opportunità e poi per spirito di campanile – fin dal medioevo.
Ho ritenuto così di avviare una ricerca che, purtroppo, ancora oggi non ritengo possa considerarsi esaurita in una maniera pienamente soddisfacente.
Soprattutto perché manchevole di quei riscontri oggettivi che trasformano le probabilità e le possibili ipotesi in certezze assolute.
Nel tentativo di individuare dei riferimenti che potessero essere considerati come dei punti fermi non ho dato nulla per scontato, ritenendo di dover verificare fatti e documenti che pure erano già considerati certi.
Proprio per questa ragione molti potrebbero contestare l’ovvietà di tanti passaggi.
Non credo, però, che obiezioni di questo genere possano considerarsi giuste per almeno due motivi: Perché altrimenti, sulla materia non si incontrerebbero tante perplessità anche tra i più “addottorati”,
Perché, proprio nella consapevolezza di essere di fronte ad elementi già conosciuti, ho ritenuto di dover dedicare particolare attenzione ai riscontri storici, alla verifica dei riferimenti bibliografici, agli approfondimenti ed all’analisi di particolari che potevano apparire, almeno a prima vista, irrilevanti.
E’ grazie a questo lavoro che ho individuato diverse anche alcune ipotesi sicuramente romantiche, ma non per questo meno attendibili, a proposito delle quali è giusto sottolineare la mancanza di tutti gli opportuni riscontri oggettivi che pure il caso richiede.
Ho deciso in maniera “provocatoriamente dichiarata” di dare ampio risalto anche a queste, non tanto per il desiderio di vedermi attribuita una fervida immaginazione o una brillante fantasia (esponendomi per questo a facili, ma in ogni caso, gradite critiche), quanto per cercare di buttare un ideale sasso nelle melmose acque di quello stagno che caratterizza l’indifferenza generale.
Sarei ben felice se altri – anche per il solo gusto di smentirmi – facessero emergere nuovi probanti elementi sull’argomento.
Se così fosse, infatti, potrei ritenere che la mia “provocazione” ha sortito, comunque, gli effetti desiderati: quello, cioè di risvegliare l’attenzione di chiunque possa contribuire ad accertare le verità storiche su aspetti che ritengo essere importanti per la nostra Sorrento e quello di stimolare le riflessioni della comunità locale sul suo passato.
Non credo che si possa veramente essere orgogliosi della propria Terra, se non si prova almeno eguale orgoglio per la sua storia, per le sue tradizioni, per la sua cultura e per i suoi simboli identificativi.
In altre parole ritengo che non si possano vantare con orgoglio i propri natali se non si ha la possibilità di dimostrare che si tratta di un qualcosa di effettivamente nobile.
Con questo lavoro spero, in ogni caso, di aver contribuito, almeno in minima parte proprio a questo: a fare in modo che Sorrento recuperi il senso e l’origine del simbolo della propria distinzione.
Sebbene abbia condotto le mie indagini con grande scrupolo, non ho la pretesa di aver dato vita, con questa pubblicazione, ad un trattato esauriente su un argomento che è sicuramente affascinante. Spero, invece, che questo testo possa essere considerato come una prima “bozza” – o almeno uno spunto – capace di stimolare la curiosità ed il desiderio di chiarezza da parte di altri capaci di integrarla e – se del caso – correggerla o addirittura riscriverla.
Con ciò accarezzando il sogno di essere riuscito ad alimentare l’orgoglio di essere sorrentini in tutti i miei concittadini.
Il nostro essere comunità non può prescindere dalla conoscenza delle nostre radici e dall’individuazione delle ragioni che hanno spinto i nostri avi a stare insieme nel difendere non solo legittimi interessi comuni, ma anche quel meraviglioso territorio che, non a caso, è chiamato Terra delle Sirene.
Fabrizio Guastafierro
© Testo integralmente tratto da “Lo stemma della Città di Sorrento, origine e significato, certezze ed ipotesi, note araldiche e cavalleresche” di Fabrizio Guastafierro, pubblicato a Sorrento nel 2005 da Edizioni Gutenberg ’72 Sorrento