8) Mussolini concede a Sorrento l’ uso dello stemma che tutti conoscono
Nel percorrere all’ indietro le strade della storia, la prima importante analisi non poteva che riguardare il più recente atto formale: quello che legittima legalmente Sorrento ad utilizzare l’arma che tutti conosciamo. Il primo che ha dedicato attenzione all’argomento in epoca “recente” è stato Michele Gargiulo che nel 1998, (vedi immagine in basso) ha curato la stampa di un bel depliant nel quale vengono brevemente ripercorse le tappe salienti dell’iter culminato con l’adozione del Regio Decreto con il quale il 20 settembre 1928, Benito Mussolini, in qualità di Capo del Governo, concesse l’autorizzazione per l’adozione dello stemma.
L’efficacia del provvedimento è stata positivamente riscontrata presso la Consulta Araldica che il 22 settembre 1928 lo ha trascritto nei propri registri.
Al riguardo, in ogni caso, va rilevato che con l’avvento del Fascismo Sorrento ed altri comuni della Penisola Sorrentina registrarono una serie importanti cambiamenti.
Come quelli determinati dal Regio Decreto del 14 aprile 1927 con il quale si stabiliva che le realtà municipali di Meta, Piano di Sorrento, Sant’Agnello e Sorrento fossero riunite in un unico Comune che diede vita a quella che a lungo è stato denominata la “Grande Sorrento”. Appena un mese dopo – il 24 maggio 1927 – Stefano Mastrogiacomo veniva nominato Commissario Prefettizio, dall’Alto Commissario per la Provincia di Napoli. Probabilmente il “conio” del nome per il nuovo ente pubblico è dovuto proprio a lui, dal momento che nel manifesto con il quale l’8 giugno si presentava alla popolazione, scriveva: “Al compimento dell’incarico affidatomi io mi dedicherò con animo d’italiano, di funzionario, di fascista: e non dubito di un solo momento che ciascun cittadino, sopra ogni altro interesse, saprà mostrarsi degno della nuova, più grande e più bella Sorrento, alla quale il Governo Nazionale ha dimostrato e dimostrerà di rivolgere da Punta Scutolo a Capo di Sorrento le sue particolari cure.
Con tali sentimenti ho assunto i miei poteri e porgo un cordiale saluto ai cittadini tutti della nuova Sorrento e alle cessate, benemerite Amministrazioni Comunali”.
Mastrogiacomo, nell’insediarsi nella nuova sede municipale della “Grande Sorrento” (che era stata stabilita nel palazzo comunale di Sant’Agnello), immediatamente rilevò l’esigenza di individuare un unico stemma. Appena pochi giorni prima (il primo giugno), infatti, nel prendere possesso degli uffici comunali dalle mani del commissario prefettizio del cessante comune, Ammiraglio Eugenio Triferi, alla presenza del segretario generale Paolo Califano sottoscrisse un verbale su carta intestata del Comune di… Sant’Agnello!!!
Il che, evidentemente, per il responsabile del neonato soggetto amministrativo, fu sicuramente imbarazzante.
Non solo per sgomberare il campo da ogni equivoco, ma anche per rendere visibile l’avvenuta unificazione con l’utilizzo di un comune simbolo identificativo, Mastrogiacomo, appena qualche giorno dopo – probabilmente in seguito a velocissimi accertamenti volti a stabilire gli iter procedurali da seguire – il successivo 17 luglio prese l’iniziativa di chiedere al Capo del Governo l’autorizzazione ad utilizzare lo stemma della Città del Tasso – “essendo il più antico tra gli altri” – per il nuovo ente pubblico.
E Mussolini il 20 settembre 1928 non solo decretò in tal senso, ma concesse proprio alla Grande Sorrento la dignità di Città, consentendole di utilizzare la corona turrita.
Proprio per effetto di questi documenti, però, si consolida un clamoroso equivoco: quello già evidenziato in precedenza in merito all’indicazione delle losanghe invece che quella dei fusi.
Il Commissario Mastrogiacomo, infatti, nella sua richiesta determinò: “adottarsi per il nuovo Comune lo stesso stemma del cessato Comune di Sorrento, costituito da uno scudo con cinque losanghe e corona”.
Tuttavia nel disegno allegato all’istanza e valicato da Mussolini risulta evidente che nello stemma di Sorrento figurano cinque fusi e non cinque losanghe.
L’appena richiamato disegno sana in maniera chiara, inequivocabile e definitiva, le imprecisioni blasonico-lessicali e, di per sé, basta a stroncare ogni diatriba ed ogni sterile polemica sulla effettiva configurazione della “pezza onorevole sorrentina”.
Ciò nonostante – volendo essere pignoli – potrebbe essere utile sostenere l’esigenza di una nota rettificativa ufficiale.
Di fronte al riscontrato inconveniente, in ogni caso, è lecito domandarsi come sia stato possibile che esso si verificasse.
La spiegazione non è difficile.
Proprio perché di fronte all’assoluta mancanza di documenti certi, il Commissario Mastrogiacomo davanti alla necessità di individuare il “nuovo” stemma con tempestività, non ebbe materialmente il tempo di commissionare studi e ricerche sull’argomento.
Con la massima buona fede, invece, utilizzò l’unica descrizione esistente: quella formulata da Gaetano Canzano Avarna nella sua pubblicazione sulla nobiltà sorrentina.
E nel far questo fece propri, purtroppo, gli altrui errori anche se parzialmente compensati dalla produzione del disegno “riparatore”.
© Testo integralmente tratto da “Lo stemma della Città di Sorrento, origine e significato, certezze ed ipotesi, note araldiche e cavalleresche” di Fabrizio Guastafierro, pubblicato a Sorrento nel 2005 da Edizioni Gutenberg ’72 Sorrento