13) Alcune metamorfosi dello stemma di Sorrento
Quello di modificare o personalizzare l’arma della Città di Sorrento è un malvezzo che ha radici antiche.
Il fenomeno, almeno per il passato più remoto, poteva essere giustificato con il fatto che si disponeva di strumenti grafici assai rozzi.
Più recentemente, invece, i cambiamenti sono stati dettati dalle esigenze dei tempi o da imposizioni di regime.
In seguito ad una ricerca effettuata per accertare le metamorfosi subite, abbiamo avuto la possibilità di individuare, nell’archivio storico comunale, numerosi ed interessanti documenti.
Poco dopo l’unificazione italiana, ad esempio, la foggia dello stemma sorrentino era molto diversa da quella attuale: lo scudo non era di forma “sannitica”, ma era accartocciato e sovrastato dalla corona di tipo “ducale”. Il tratteggio del “campo”, invece che il rosso, richiamava l’oro. Difficile definire fusi o losanghe i cinque simboli riportati al centro dello stesso stemma.
Pur mantenendo quasi inalterate le stesse caratteristiche di quello ottocentesco, l’insegna sorrentina riportata sugli atti ufficiali durante i primi anni del secolo scorso, subì un’evoluzione grafica con una modifica degli ornamenti (cui peraltro vennero aggiunti un paio di pendenti). Il tratteggio risultò, finalmente, parzialmente corretto.
Con l’avvento del Fascismo le cose cambiarono radicalmente e, proprio durante il Ventennio, il simbolo distintivo della Città fu modificato più volte.
Nel 1927, ad esempio, sui documenti dell’amministrazione retta dal Commissario Prefettizio Stefano Mastrogiacomo (cui successe, a partire dal 15 novembre, il cavaliere Giuseppe Fucci), esso rispecchiava la forma prevista dal decreto con il quale Mussolini, autorizzò l’utilizzo dello stemma anche se appare evidente l’utilizzo di losanghe.
Di fatto l’arma locale rimase immodificata per diversi anni, anche se, già dall’anno successivo (1928), con l’insediamento del cavaliere del Grande Ufficiale Generale Alessandro Saporito prima, e del Conte Giovanni Maresca di Serracapriola poi, essa fu affiancata da uno stemma tricolore – contenente il fascio littorio – sovrastato dall’aquila imperiale. Cosi fu anche per il 1929.
Nel 1930, invece, (con la promozione del Maresca di Serracapriola al ruolo di vice Potestà di Napoli e l’insediamento del Tenente Colonnello, Cavaliere Arturo Palella, subito dimessosi e sostituito dal Cavaliere Giulio Merolla) gli stemmi invertirono le posizioni: quello della città del Tasso passò a sinistra e quello dell’Italia Littoria (sebbene privo di aquila) a destra.
Il Conte Francesco Garzilli, insediatosi alla guida dell’ Amministrazione locale (nel 1931), facendo propria la linea di tendenza del regime che tendeva a consolidare il processo di identificazione delle comunità locali con il fascismo, introdusse un unico stemma (con l’ornamento di un ramo di quercia e di uno di alloro) nel quale la parte riservata alla rappresentazione del fascio littorio campeggiava su quella riservata alla rappresentazione dei colori della Città del Tasso.
L’innovazione fu poco gradita ai suoi successori (Ragioniere Capo Pasquale Cosomati e Cavaliere Roul Modesti) che fino alla fine del 1934, ritornarono all’utilizzo dello stemma adoperato dai predecessori di Garzilli. Lo stesso Pasquale Cosomati, però, reinsediatosi alla guida dell’amministrazione sorrentina (nel 1935) diede nuovamente impulso all’utilizzo della grafica elaborata tre anni prima, arricchendola con l’utilizzo di caratteri che possono essere considerati tipici dell’epoca.
Di fatto il simbolo della Sorrento fascista restò inalterato fino alla fine della seconda guerra mondiale .
Successivamente si ritornò all’uso dello stemma adoperato ancora nel 1927.
© Testo integralmente tratto da “Lo stemma della Città di Sorrento, origine e significato, certezze ed ipotesi, note araldiche e cavalleresche” di Fabrizio Guastafierro, pubblicato a Sorrento nel 2005 da Edizioni Gutenberg ’72 Sorrento