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Famiglie nobili di Sorrento: difficile ricostruirne la storia ed individuarne il numero

Il tentativo di definire il quadro della nobiltà sorrentina, così come quello di individuare il numero e l’ identità delle famiglie che, nell’ alimentare l’ aristocrazia locale – nei secoli scorsi – finivano con il trarre i benefici derivanti dall’ appartenere ad un ceto privilegiato anche da un punto di vista amministrativo – oltre che, naturalmente, sociale ed economico -, risulta particolarmente insidioso.
E’ un “neo”, questo, che, purtroppo, compromette in maniera significativa, non solo ogni tentativo di offrire una fedele ricostruzione storica, ma anche quelli miranti a stabilire con la minore approssimazione possibile le peculiarità della vita e della società sorrentina dei secoli passati.
La classificazione per ceti, infatti, – soprattutto in epoche remote – non comportava solo una diversificazione in termini di dignità e di prestigio funzionale allo status di ciascuno, ma determinava conseguenze concrete anche dal punto di vista sociale.
Ciò in considerazione del fatto che – come già evidenziato – alla nobiltà locale, oltre al godimento di privilegi e prerogative – spettava anche una importante funzione nella vita amministrativa cittadina.
Ai Sedili nobiliari, infatti, era riconosciuta la massima dignità possibile nelle scelte decisionali della Università Sorrentina , mentre al Seggio del Popolo era lasciato un potere del tutto residuale.
Tra l’ altro è giusto sottolineare che, in passato, molti, nel cimentarsi su questo fronte, si sono imbattuti nei pur comodi equivoci procurati dalla indisponibilità di fonti documentarie capaci di offrire prove incontrovertibili di segno opposto (o almeno diverso) rispetto all’ opinione prevalente ed hanno finito con l’ alimentare, tutti, la tendenza a far coincidere il patriziato cittadino con le famiglie aristocratiche di Sorrento che, risiedendo nella Città del Tasso almeno dal XVI secolo, ebbero la possibilità di godere degli onori, dei privilegi e delle prerogative spettanti a quanti avevano diritto ad essere iscritti nei sedili nobiliari (Sedile di Porta e Sedil Dominova).
Purtroppo la quasi totale distruzione di documenti risalenti ad epoche antecedenti alla seconda metà del Cinquecento(1) ha visto interessati anche i libri delle conclusioni e le platee dei seggi nobiliari sorrentini (registri in cui venivano annotati verbali e documenti) con l’ effetto di rendere improponibile, fino ad epoche assai recenti, la formulazione di ipotesi che non fossero quelle riconducibili agli inizi dell’ era moderna.
Da questo fenomeno è scaturita la conseguenza di considerare – almeno nell’ immaginario collettivo – come facenti parte di famiglie sorrentine DOC, anche i discendenti di casate che, viceversa, hanno avuto origine in altre località e, paradossalmente, di far perdere le tracce di famiglie patrizie di origini autenticamente sorrentine che, pur essendosi estinte sul territorio, se non sono scomparse del tutto, hanno continuato a prosperare altrove(2).
Eppure si tratta di un aspetto di rilevantissimo significato tanto per poter definire il ruolo svolto e la dignità goduta da ciascuna famiglia – anche a livello locale – quanto nel portare avanti il tentativo di offrire una ricostruzione storica pregnante, completa ed esauriente.
Non a caso, Riccardo Filangieri di Candida – che può essere considerato, a ragion veduta, come una delle massime espressioni della cultura napoletana del Novecento –nel dare alle stampe la “Storia di Massa Lubrense”(3) (autentica pietra miliare per la ricerca storica in Penisola Sorrentina), ha dedicato una intera sezione del suo libro-capolavoro alla esposizione del materiale gentilizio, araldico e biografico, avendo cura di suddividere la stessa in tre “sotto-sezioni” dedicate a:
– Le famiglie di Massa Lubrense e le famiglie stabilitesi a Massa Lubrense prima del Cinquecento che ebbero un ruolo significativo nella storia e nella vita della città;
– Le famiglie di Massa Lubrense e le famiglie stabilitesi a Massa Lubrense prima del Cinquecento che “vissero di minor luce”;
– Le famiglie che si stabilirono a Massa Lubrense dal Cinquecento in poi.
Tra l’ altro c’è da sottolineare che la presenza di casate nobiliari di prestigio sul territorio (a prescindere dal fatto che fossero originarie o meno del territorio stesso), se, da una parte, contribuisce a dare lustro alla stessa città, dall’ altra aiuta a rendere intellegibile quale fosse la sua dignità goduta dalla stessa realtà territoriale nell’ ambito del Regno di Napoli, prima, e del Regno delle Due Sicilie, poi.
Poter guardare Sorrento come terra nella quale sono nate illustri famiglie blasonate, o come luogo ideale per assicurare un felice soggiorno anche alle casate che hanno contribuito ad alimentare la fama e l’ autorevolezza della nobiltà dell’ intero regno, non vuol dire tanto esaltare gli appartenenti ad uno specifico albero genealogico, quanto cercare di cogliere le peculiarità di un contesto che, soprattutto nel periodo compreso tra la fine dell’ XI secolo e gli inizi del Quattrocento, può vantare una importanza ed elementi di distinzione ancora quasi insospettati.
Purtroppo, a tutt’ oggi, le prove più limpide ed inequivocabili – a proposito della nobiltà sorrentina – si fermano al XVI secolo.
Per fare chiarezza sulle epoche antecedenti c’è ancora molto da fare.
Questo stato di cose, soprattutto se collegato allo status di Piazze chiuse che caratterizzò i sedili sorrentini (ritenuti seggi inaccessibili a quei nobili le cui famiglie non fossero state loro iscritte da epoca immemore) ha fatto sì che si venisse a determinare una sorta di cristallizzazione del panorama nobiliare sorrentino di cui si conserva una visione nitida solo a partire, per l’ appunto, dal Cinquecento, ovvero da un’ epoca in cui Sorrento affrontava un periodo di decadenza.
Recuperare la presenza a Sorrento o l’ origine sorrentina di determinate casate, dunque, può determinare la restituzione di una parte della memoria storica alla Terra delle Sirene e del prestigio di cui pure ha goduto – a ragion veduta – in epoca medioevale.
E’ un processo che, di recente, ha conosciuto importanti novità anche grazie alla scoperta di interessantissimi documenti capaci di restituire, almeno una parte della memoria storica di Sorrento(4).
Si tratta di novità alle quali “il meglio di Sorrento” cercherà di dare ampio risalto, coerentemente con le sue stesse finalità.
Fabrizio Guastafierro

Mappa cinquecentesca custodita presso la Biblioteca Angelica di Roma riproducente Sorrento nel '500

NOTE:
(1) Gran parte dei documenti sorrentini sono andati perduti in seguito alla invasione saracena del 13 giugno 1558 (sul punto si veda, tra gli altri Salvatore Ferraro in “La distruzione di Sorrento ad opera dei Turchi nel 1558”, estratto dalla Rassegna del Centro di Cultura e Storia Amalfitana – Numero 4 stampato ad Amalfi nel 1982) ed alla distruzione dell’ Archivio della Cancelleria Angioina in seguito all’ incendio che il 30 settembre 1943 vide interessata la villa di San Paolo Belsito – dove la preziosissima raccolta era stata trasferita assieme ad altri documenti importantissimi, perché unici, durante la Seconda Guerra Mondiale – “I Registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione  degli Archivisti Napoletani” – I volume ristampato presso l’ Accademia Pontaniana di Napoli nel 1963. Prefazione a Pag. VII.
(2) Fabrizio Guastafierro, Lo stemma della Città di Sorrento – Origine e Significato – Certezze ed ipotesi – Note Araldiche e cavalleresche pubblicato a Sorrento dalla Tipolitografia Gutenberg’72 nel 2005.
In particolare, sull’ argomento, si vedano i capitoli intitolati I limiti della ricerca: troppe le famiglie nobili cancellate dalla storia locale (dalla pagina 122 alla pagina 124) e Una provocazione: i riferimenti contenuti nella storia della famiglia Filangieri (pagine 125 e 126). I testi di questa pubblicazione sono consultabili su questo sito.
(3) Riccardo Filangieri di Candida, Storia di Massa Lubrense, pubblicato a Napoli nel 1910 e ristampato da Arte Tipografica di Napoli nel 1974 (dalla pagina 305 alla pagina 366).
(4) Sandra Bernato, Sorrento al tempo di Renato d’ Angiò, edito a Salerno da Lavegliacarlone, nel 2008. La pubblicazione rientra nella Nuova serie dei Cartulari Notarili campani del XV secolo; Sorrento Giovanni Raparo 1435 – 1439, parte prima a cura di Sandra Bernato (con presentazione di Guido D’ Agostino) pubblicato a Napoli da Edizioni Athena, nel 2006 nell’ ambito della collana intitolata Cartulari Notarili campani del XV secolo diretta da Alfonso Leone; Sorrento Giovanni Raparo (3 gennaio – 31 dicembre 1436), a cura di Sandra Bernato edito a Salerno da Laveglia Editore, nel 2007. La pubblicazione rientra nella Nuova serie dei Cartulari Notarili campani del XV secolo.