28) Conclusioni
Sorrento ed i sorrentini hanno tutte le ragioni per rivendicare, con orgoglio, uno degli stemmi più antichi che si conoscano in campo araldico.
Critici più o meno agguerriti potranno pur contestare l’assenza di una “prova provata” consistente in un documento o in una testimonianza certa che possa determinare con assoluta ed incontestabile precisione l’epoca a cui far risalire la sua nascita.
Tuttavia gli elementi e gli indizi fin qui raccolti ci sembrano essere tanti, tali e tanto forti da non lasciare spazio ad equivoci di sorta.
Come pure non ci sembra che possano esserci dubbi sulla valenza dei suoi significati e sul fatto che ci si trovi in presenza di una Insegna che offre una sintesi di altissimo profilo in cui si riassumono mille diverse virtù ed una parte significativa – anche se non la più antica – della gloriosa storia che, a ragion veduta – oggi più che mai – può vantare la Terra delle Sirene.
Dopo aver a lungo studiato e cercato ogni indicazione che potesse rivelarsi utile nel contribuire a stabilire tanto la sua origine, quanto il suo esatto significato, ora crediamo che, nel parlare dell’ Arma della Città del Tasso, si possano utilizzare chiavi di lettura meno generiche e lacunose rispetto al passato.
Fino ad oggi, infatti, le interpretazioni offerte – anche se ricavate da pregnanti principi araldici generali – sono state proposte, nella maggior parte dei casi, alla stregua di dogmi: verità indimostrabili.
Un limite, questo, che per chi, come noi, all’amore per la sua terra unisce anche una carica di curiosità innata, era inaccettabile.
Con il nostro lavoro speriamo di aver cambiato qualcosa.
Le molte novità introdotte ed il tentativo di dare un senso logico a fatti precisi ed inoppugnabili, ai quali si aggiungono ipotesi (che vanno sì individualmente approfondite, ma che sono sicuramente attendibili), ci permettono di poter affermare che l’importanza del ruolo dei nobili sorrentini nello scenario politico del Mezzogiorno medioevale non è espressione di un sano spirito di campanile, ma trova conferme incontrovertibili in elementi di varia natura.
Come pure ci sembra innegabile la rilevanza delle attività svolte dai nostri antenati tanto in ambito militare, quanto in ambito diplomatico.
Lo stesso attaccamento ai valori cristiani dei nostri avi ha perso una antica patina di aleatorietà per trovare precisi riscontri nell’ impegno profuso, tra l’altro, in occasione delle crociate.
E su questo ultimo argomento crediamo doveroso partecipare un dubbio che ancora nutriamo per non aver compiutamente affrontato l’argomento.
Ci domandiamo, infatti, se Torquato Tasso, artefice della “Gerusalemme Liberata“, della “Gerusalemme Conquistata” e delle tante altre opere che hanno affascinato intere generazioni, non fosse a conoscenza delle eroiche imprese dei sorrentini in Terra Santa. E se così fosse stato, è possibile immaginare nei suoi lavori un qualche riferimento (ancora non individuato) agli uomini della Penisola?
Rispetto a questi interrogativi non abbiamo risposte e nemmeno abbiamo ritenuto di ricercarle nell’ immediato perché non riteniamo che sarebbe stato giusto sviluppare ragionamenti che, in questa sede, ci portassero ad affrontare ulteriori divagazioni.
Ci sembra opportuno, invece, giungere alle conclusioni ribadendo, ancora una volta, di nutrire la speranza di essere riusciti a fare sufficiente chiarezza sull’argomento principe della nostra indagine.
LE ORIGINI
L’assenza di riscontri oggetti vi non impedisce di ritenere verosimile la possibilità che l’Insegna della Città di Sorrento risalga all’ epoca delle prime crociate. La partecipazione alle spedizioni di truppe in Terra Santa da parte di numerosi cavalieri del capoluogo peninsulare, infatti, avrebbe determinato l’esigenza di creare uno Stemma comune. Ciò tanto per evitare la dispersione delle forze durante le battaglie quanto per rendere ancora più evidente l’impegno profuso dalla comunità locale nelle guerre contro gli infedeli.
Il fenomeno – come sottolineato nel capitolo “I Sorrentini, un popolo di… Cavalieri crociati” – fu particolarmente rilevante in occasione degli scontri con le truppe del Saladino (1187).
In questo contesto il capitolo riservato alla possibilità che il nostro Stemma possa essere vicino al Santo Sepolcro non deve e non può prestarsi a mistificazioni di sorta.
Anche nel caso in cui l’eventualità considerata si rivelasse azzardata, infatti, non si potrebbe per questo cancellare il fatto che un numero significativo di cavalieri della Costiera sia stato effettivamente impegnato sul fronte crociato.
In caso contrario, invece, la prove attualmente non riscontrabili sul suolo patrio, sarebbero rivenibili in luogo che il mondo della cristianità considera tra quelli più cari.
Tra la fine del 1100 ed i primi anni del XIII secolo, comunque, con ogni probabilità l’ Arma sorrentina ebbe le stesse caratteristiche di quella conosciuta oggi, fatta eccezione per il numero di fusi che inizialmente dovrebbero essere stati quattro anziché cinque.
Purtroppo, allo stato, gli unici indizi capaci di consentire qualche approfondimento in merito a questa eventualità sono offerti dal capitello abraso a cui abbiamo fatto riferimento nel capitolo intitolato “I segreti, le sparizioni ed i misteri di San Francesco“.
Anche per questo, dunque, più che ritenere di aver raggiunto un traguardo nel fornire spiegazioni che possano essere considerate definitive, siamo convinti di aver individuato un punto di partenza per successivi approfondimenti.
L’aspetto formale dello Stemma, in ogni caso, non sminuisce il valore delle valutazioni espresse circa la possibile collocazione storica della sua possibile “nascita”.
Quand’ anche si volessero ignorare le congetture appena ricordate, comunque, è certo che la Terra delle Sirene aveva una propria Insegna distintiva in epoca angioina (ovvero in un periodo compreso tra la fine del 1200 secolo e 1’inizio del secolo successivo).
L’individuazione dello Stemma esistente presso il Sedil Dominova (si veda il capitolo intitolato “I segreti, le scoperte ed i misteri del Sedil Dominova: lo Stemma con i sei fusi ed i “collari” cancellati“), in questo senso, rappresenta un’ autentica “pietra miliare”.
Esso, infatti, tra le prove che non hanno subito alterazioni nel tempo, rappresenta la più antica testimonianza ancora esistente ed è particolarmente importante anche perché la sua visione è accessibile a tutti.
Al momento non si hanno notizie chiare in ordine alle cause, alle circostanze che indussero i sorrentini a modificare definitivamente la loro Insegna “convertendola” nella “versione” attuale. Né è possibile stabilire una datazione attendibile per questa metamorfosi.
Al riguardo, invece, è possibile affermare che tale trasformazione è sicuramente riscontrabile a partire almeno dalla seconda metà del 1500, come si evince dalla pianta custodita presso la Biblioteca Angelica di Roma (al riguardo si veda il capitolo “Dipinti, mappe, disegni ed incisioni”).
I SIGNIFICATI
Dopo aver affrontato gli approfondimenti contenuti nei capitoli riservati alle “ipotesi insostenibili” ed ai “primi accenni sul possibile significato” riteniamo che la sintesi formulata a proposito della nascita dello Stemma della Città del Tasso fornisca tutti gli elementi per poter finalmente ipotizzare una sua descrizione non solo in ragione della lettura di principi araldici di carattere generale, ma individuando precisi spunti capaci di rafforzarne una corretta interpretazione.
Proprio richiamando alla mente l’impegno profuso sul fronte crociato, infatti, ci sembra di poter affermare che la scelta di caratterizzare il “campo” con il rosso ben può conciliarsi con i significati che Giovanni Santi-Mazzini attribuisce a questo colore.
In particolare per ciò che riguarda “l’amore verso Dio e il prossimo”, “lo spargimento di sangue in guerra”, “il coraggio, l’audacia, il valore, la fortezza” e la nobiltà.
Stesso discorso vale per la scelta dell’ argento che distingue i fusi destinati a ricordare l’auspicata protezione dei Santi Patroni della Città.
Al di là della nobiltà del metallo, infatti, non può essere trascurato il fatto che lo stesso Santi-Mazzini (si veda il capitolo intitolato “Qualche nota araldica“) ritiene che esso rappresenti, tra l’altro, la purezza, la verità, la speranza, la clemenza, la gentilezza ed il desiderio di vittoria.
Relativamente più articolato, invece, è il discorso da affrontare nel tentativo di spiegare le variazioni intervenute nel tempo a proposito del numero dei fusi. In questo senso riteniamo che alcune indicazioni siano già state fornite nel capitolo intitolato “Una Città, mille protettori“.
L’importanza attribuita oggi ai Santi Patroni non consente equivoci di alcun genere avendo la devozione popolare affidato una sorta di “leadership” incontrastata a Sant’ Antonino cui si affiancano Sant’ Attanasio, San Baccolo, San Renato e San Valerio.
Tuttavia gli attuali “indici di gradimento” non rispecchiano fedelmente quelli del passato.
Diversamente non si spiegherebbe come mai, la quasi totalità dei sorrentini ignori il fatto che la città abbia invocato, nei secoli scorsi, particolari onori siano stati riservati anche ad altri santi e che anche ad essi è stata riconosciuta la dignità di Patroni della Terra delle Sirene.
Viceversa più ci si spinge indietro nel tempo, più si possono registrare diversità rispetto allo stato di cose attuale.
In particolare non può essere negato il fatto che la devozione verso Sant’ Antonino abbia conosciuto un vero e proprio exploit solo a partire dalla fine del 1300. Quando cioè la Basilica a lui intitolata ha registrato l’inizio di una serie di opere di ampliamento e di arricchimento che si è protratta nel tempo Precedentemente, invece, è probabile che ai quattro Santi Vescovi sorrentini (per l’appunto Sant’ Attanasio, San Baccolo, San Renato e San Valerio) fosse riconosciuta maggiore importanza.
Il che giustificherebbe la possibile esistenza, nei primi secoli del vecchio millennio di uno Stemma caratterizzato da una “pezza onorevole” contenente quattro fusi.
La successiva evoluzione di epoca angioina – quella caratterizzata da sei fusi – testimonierebbe in maniera significativa le prime variazioni intervenute sul fronte devozionale della Città del Tasso essendosi registrata una “promozione” di Sant’ Antonino e di San Gennaro (o, invece di quest’ultimo, di San Catello, amico proprio dell’ Abbate originario di Campagna ed oggi compatrono della diocesi).
Infine – sicuramente a partire dal ‘500, ma probabilmente anche prima – prevalse un forte spirito di campanile ed i fusi furono ridotti a cinque. Con ciò scegliendosi di affidare la propria protezione ai soli Santi che furono vescovi della Città ed a Sant’ Antonino che, trascorse una parte significativa della sua vita proprio a Sorrento.
Le numerose, frequenti ed ulteriori variazioni ed integrazioni che, poi, sono intervenute durante gli anni nella scelta di nuovi Protettori hanno prodotto effetti più o meno duraturi solo sotto l’aspetto religioso, ma non hanno più procurato – a differenza di quanto era accaduto precedentemente – conseguenze sulla foggia dell’Insegna locale.
Questa, dunque, da almeno cinque secoli si conserva intatta così come testimoniato dai numerosi documenti, da mappe, da disegni e da altri particolari cui abbiamo fatto riferimento.
Pur apparentemente statica e silente la nostra Arma ha conservato nel tempo i suoi originari e più nobili significati. E con essi le troppo spesso dimenticate gesta eroiche, il valore e la dignità degli uomini della nostra terra.
Non ci piace paragonarla ad un arcano che passivamente aspettava di essere svelato.
Ci piace, invece, tornare a guardarla con rinnovato entusiasmo e con accresciuta ammirazione quasi come se fosse stata capace di parlarci, di rivelarci almeno una parte dei suoi antichi segreti e di regalarci sempre nuovi e più validi motivi per conservare alto l’orgoglio di essere sorrentini.
Fabrizio Guastafierro
© Testo integralmente tratto da “Lo stemma della Città di Sorrento, origine e significato, certezze ed ipotesi, note araldiche e cavalleresche” di Fabrizio Guastafierro, pubblicato a Sorrento nel 2005 da Edizioni Gutenberg ’72 Sorrento